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Dopo il referendum fallito

Piergiorgio Comai

Comprendo la soddisfazione dei partiti della maggioranza per il non raggiungimento del quorum; forse gioiscono meno a pensare che 100.000 cittadini hanno detto sì all’abolizione delle Comunità di Valle.

Come cittadino sovrano non accetto che i vincitori considerino questo referendum “antipolitica”. Sicuramente era un’iniziativa contro la loro politica, non certo contro la politica democratica.

In Svizzera, dove i referendum sono la norma e il quorum non esiste (decide chi vota, non chi sta a casa), avrebbero perso 93 a 7.

E non mi vengano a dire che la Svizzera non sappia cos’è la democrazia diffusa, da noi tanto decantata. Fanno passare anche le comunità di valle come democrazia diffusa.

Ammiro quei cittadini che con senso civico hanno espresso il loro no all’abolizione delle Comunità di Valle, ma le nostre autorità democratiche non hanno fatto nessuno sforzo per invitare tutti al voto, esortando e spiegando di votare possibilmente no e che la democrazia si esercita scegliendo, non subendo.

Hanno preferito alimentare il torpore che purtroppo coinvolge troppi cittadini. I quali hanno sì il diritto di restarsene a casa, ma non si lamentino poi delle tasse e dei balzelli che aumenteranno in Italia e nel Trentino colpendo i più deboli, tanti dei quali sono rimasti a casa.

Su la testa cittadini! Strana Italia: da una parte, forse, si arriverà ad un ridimensionamento del numero delle Provincie e dei comuni, dall’altra si istituiscono nuovi organismi e si perpetuano i mini “comuni rustici”.

Dimenticavo: noi trentini abbiamo l’autonomia!

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