Menù
Home
QT
Questotrentino
Mensile di informazione e approfondimento
Utente
Cerca
QT n. 11, novembre 2012 Servizi

Un nuovo protagonismo sociale?

Sintomatico fermento di iniziative dal basso: referendum, proposte di legge e petizioni.

Riprendiamo il viaggio intrapreso da QT sul numero di ottobre scorso all’interno della variopinta galassia dei comitati referendari, (in forte rilancio grazie al web) i quali, in presenza di una democrazia “recessiva” di politici impresentabili e di un governo di banchieri, stanno tentando di restituire voce ai cittadini. Il Trentino non fa eccezione, anche se la redistribuzione della ricchezza da noi è sostanzialmente equa e i servizi funzionano, la riprovazione dell’opinione pubblica nei confronti della cosìddetta “casta” locale è alta. In generale, il fenomeno referendario incarna una risposta civile al malcontento, ritagliandosi un ruolo supplente nei confronti di una politica ingessata da veti incrociati e interessi particolari. Inoltre, in un momento di grandi lacerazioni sociali, le campagne referendarie catalizzano le istanze della popolazione, dirottando la protesta di piazza verso una partecipazione attiva ai grandi temi del paese, e questo è sicuramente positivo. Non fosse che sullo sfondo rimane il quadro di una nazione in disarmo che, a differenza degli anni ‘80 e ‘90 e delle grandi battaglie sul divorzio, l’aborto ed il finanziamento pubblico ai partiti, sembra non avere più né la leva, come diceva Galilei, né il punto d’appoggio.

Abbiamo raccontato, nel numero precedente di QT, l’iniziativa del comitato “PIÙ DEMOCRAZIA IN TRENTINO”, e della proposta di legge di iniziativa popolare, approdata in Consiglio Provinciale e assegnata alla Prima Commissione Permanente. Accade però che non sempre lo sforzo intrapreso dai referenti è ripagato, non tanto in termini di consenso, quanto piuttosto negli intenti dei promotori stessi. Spesso, tra le varie iniziative nascono gelosie, disagi e incomprensioni, anche tra gli stessi referenti e sostenitori.

CO.RE

È il caso del CO.RE Trentino Alto Adige, un movimento che si definisce apolitico ed apartitico, guidato dalla ex consigliera comunale IDV di Trento Giovanna Giugni e da Simonetta Gabrielli, attivissima esponente NIMBI in Trentino. CO.RE aderisce al nazionale NOMOS, presieduto da Elio Veltri, anch’egli ex IDV e nemico giurato di Antonio Di Pietro, nonché animatore del blog “Democrazia e Legalità”. Del comitato NOMOS fanno parte 28 associazioni/movimenti e 316 persone, tra cui Margherita Hack, Giorgio Ruffolo, Nando Dalla Chiesa, Giulietto Chiesa, Franca Rame, Milly Moratti, Diego Novelli, Nicola Tranfaglia, Salvatore Borsellino, Oliviero Beha, Don Luigi Merola, Santo Versace, Pippo Callipo, Alfonso Pecoraro Scanio, Antonio Buonfiglio, Wanda Montanelli, Laura Maragnani, Giuseppe Vatinno ed altri.

Sull’onda di una campagna mediatica promossa dal quotidiano il Trentino, CO.RE raccoglie in tre mesi circa 40 mila firme in regione, chiedendo ai cittadini di esprimersi su due quesiti riguardanti l’abrogazione delle indennità per i consiglieri e l’eliminazione della diaria di 3200 euro esentasse. Un successo strepitoso, se guardiamo al gradimento dell’iniziativa, peccato che i promotori sapessero perfettamente, per loro stessa ammissione, che un anno prima delle elezioni per il rinnovo del Consiglio Regionale non si possono indire referendum. Allora a che pro alimentare tante e tali aspettative? Forse per utilizzare al meglio questo “bagno di folla” trasformando il comitato apolitico ed apartitico in una lista civica da presentare alle elezioni provinciali? Nessuno scandalo, sia ben chiaro, ma quantunque fosse stato questo l’intento, qualcuno ha posto il veto alla discesa in campo della lista CO.RE alle elezioni provinciali. A farlo sono stati proprio alcuni esponenti della politica giudicariese che non hanno gradito la capriola e che si erano mobilitati a condizione che l’iniziativa referendaria fosse e rimanesse lontana dall’agone politico. Qualche attento commentatore ha fatto osservare che, a differenza dei partiti tradizionali, questi movimenti hanno spesso il pregio di conservare al proprio interno gli anticorpi necessari per smorzare sul nascere tentativi di manipolazione. Sarà veramente così?

Firmalove

Un grande successo ha avuto invece “Firmalove!” la raccolta di firme promossa da Arcigay e Arcilesbica per una proposta di legge di iniziativa popolare, da sottoporre poi alla discussione e al vaglio del Consiglio Provinciale, in merito al contrasto alle discriminazioni a sfondo sessuale. Quasi 6500 firme raccolte in due mesi, moltissime di cittadini comuni che hanno dimostrato, al di là di qualsiasi luogo comune, l’apertura del Trentino a certi temi giudicati frettolosamente come scabrosi o marginali. Può stupire che ben 15 consiglieri provinciali abbiano sottoscritto la legge: tra gli altri leghisti ed ex-leghisti (Filippin e Casna), il gruppo del PD, Schelfi, il Rettore Bassi e il Sindaco Andreatta... Si potrebbe osservare ironicamente che manca soltanto la firma del vescovo a sostegno della legge: difficile infatti che questi politici finiscano davvero per discutere e approvare una normativa che ci metterebbe davvero all’avanguardia e non solo a livello italiano. La proposta infatti non riguarda soltanto gay e lesbiche, ma anche la transessualità e la intersessualità (altro nome per l’ermafroditismo); alcuni punti valgono per “tutti”: si vuole dare al singolo la possibilità di delegare un’altra persona che possa accedere alle strutture sanitarie svolgendo magari una funzione di cura e di assistenza, superando così la prassi secondo cui soltanto i famigliari hanno l’autorizzazione a visitare e essere informati sulla salute dei propri cari. Un modo per aggirare la mancanza di una regolamentazione per esempio delle coppie di fatto.

L’obiettivo principale resta quello del contrasto ad episodi di violenza e di discriminazione che sorgono già nelle scuole e che derivano da una mentalità collettiva ostile ai “diversi”. L’azione culturale, per dare a tutti la “capacità” di essere se stessi, di sentirsi in sintonia con il proprio corpo, è sempre la prima attività da mettere in campo.

Comitato referendario per il lavoro

É attivo con gazebo e iniziative su tutto il territorio nazionale il “COMITATO REFERENDARIO PER IL LAVORO”, che si batte per abrogare due leggi rimaneggiate di recente e ritenute lesive dei ditti dei lavoratori: l’art. 18 modificato dal ministro Fornero, che ha tolto il reintegro obbligatorio in azienda per i licenziamenti senza giusta causa. Il referendum chiede di tornare alla versione originaria prevista dallo Statuto dei Lavoratori. Il secondo quesito chiede di abolire la contrattazione aziendale o territoriale introdotta dal governo Berlusconi, per tornare al Contratto Nazionale di Lavoro come unico strumento per definire i rapporti tra lavoratore e azienda. A questa iniziativa aderiscono CGIL, Ecologisti -verdi reti civiche -verdi europei, Fiom CGIL, Italia dei Valori, Lavoro Società CGIL, Movimento per il Partito del Lavoro, Partito dei Comunisti Italiani, Partito di Rifondazione Comunista, Sinistra Ecologia e Libertà.

Italia dei Valori

In aggiunta a questi due quesiti sul lavoro, Italia dei Valori raccoglie le firme per altre due questioni scottanti in tema di privilegi dei politici: l’abolizione dei rimborsi elettorali ai partiti e l’abolizione della diaria di 3500 euro al mese per i parlamentari, oltre all’abolizione di tutte quelle norme che rendono le mensilità parlamentari esenti da ogni tipo di tributo ed inoltre ne impediscono il sequestro o il pignoramento.

Ma se per quanto concerne i comitati referendari spontanei la risposta è ragguardevole, nei confronti delle proposte alle quali partecipano i partiti l’entusiasmo si è un po’ raffreddato. I motivi non sono soltanto da imputare alla presa di distanza dei cittadini verso la politica (tutta la politica), ma anche al fatto che alcune iniziative di successo, come la raccolta di firme della scorsa primavera, promossa da IDV insieme ad altri comitati, per abolire il famigerato porcellum (la legge elettorale che ci ha regalato un Parlamento di nominati), sono state bocciate dalla Corte Costituzionale. La magistratura ha sicuramente avuto le sue buone ragioni legate all’impianto costituzionale delle nostre Istituzioni, ma nel cittadino si è fatta strada l’idea che i referendum abrogativi abbiano vita difficile, in quanto possano essere bloccati lungo il percorso giuridico, oltre ad essere penalizzati dalla necessità del superamento del quorum, ed una volta superato anche quest’ultimo scoglio, comunque disattesi nell’applicazione.