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QT n. 3, marzo 2015 L’editoriale

Doroteismo di ritorno?

Il vuoto spinto che ormai alberga nel Partito Democratico (non consideriamo degne di una qualche attenzione le grottesche baruffe che lì si agitano) ha avuto, tra gli altri, un ulteriore demerito: dare più spazio, centralità, e perfino autorevolezza al Presidente della Giunta Ugo Rossi. Che difatti può permettersi di guardare dall’alto, con disincanto, il marasma che agita quello che dovrebbe essere l’azionista di maggioranza della sua compagine: con un serafico “Vediamo quando la smette con i capricci” ha giustamente sbertucciato le patetiche manfrine del suo vicepresidente, il democratico Alessandro Olivi, dimissionario un giorno sì e l’altro no e poi forse, comunque sempre per motivi risibili e\o incomprensibili.

E così Rossi, a fianco di cotali alleati, appare un Cavour. In realtà è sempre Ugo Rossi e i suoi assessori sono sempre gli squinternati Dallapiccola e Mellarini. E lui continua a muoversi (secondo la cultura dei suoi più ascoltati consiglieri, i vetusti dorotei Mauro Marcantoni e Giorgio Postal, età media 80 anni) seguendo gli schemi del più classico clientelismo della Democrazia Cristiana di un tempo: elargire soldi ai potenziali elettori e sistemare ometti nelle istituzioni. Da ultimo vedi il candidato sindaco di Lavis: di sicura fede partitica pattina (un altro, più capace, è stato giubilato perché, testuale, “non controllabile”, cioè poi magari fa il sindaco davvero), ha dichiarato: “Come Comune saremo sempre al fianco della cantina LaVis, perché chi ci lavora lo fa col cuore e chi ci mette amore in quello che fa non può non superare anche le più grosse difficoltà”. Ma imboscare 6-7 milioni in America è metterci amore? Regalarne 4 a Isa? Affondare i melicoltori della 5 Comuni? Non pagare la Cantina di Isera? Svendere Cesarini Sforza ai veronesi? Presentare bilanci inattendibili?

Adesso lo sappiamo: è tutto amore.

Per la cronaca, cotanto genio è supportato pure dal PD: ma qui, come nel gioco dell’oca, torniamo alle righe iniziali: il nulla dei democratici dà spazio al doroteismo di ritorno del PATT.

Il fatto è che, di fronte alle decisioni vere, la Giunta di Ugo Rossi cincischia: a proposito di sanità ogni giorno c’è sui giornali una dichiarazione su una qualche sconcertante “rivoluzione”, che rigorosamente dice il contrario di quella del giorno prima. Lo stesso in tema di turismo, con la tassa di soggiorno, ora affiancata dal proposito di provincializzare gli impianti di risalita (solo quelli in perdita). E qui ciò che stupisce non è tanto la singola pur discutibile proposta, non è solo il tira molla fra tassa sì/tassa no/tassa tra sei mesi, e così sugli impianti o sulle motoslitte/motocross/mototutto dappertutto, ma rispettando l’ambiente. A meravigliare è l’evidente mancanza di una qualsiasi visione d’assieme.

D’altronde chi abbia avuto la grazia di sentir parlare l’assessore Dallapiccola, capisce come da lì non possa venir fuori niente. E ancor più in generale, è così anche sull’impianto economico complessivo: come spieghiamo qui, un giorno si pongono i dati Istat sulla regressione del Trentino nell’ultimo quindicennio, che dovrebbero essere alla base di una nuova ipotesi di politica economica su cui tutta la Giunta dovrà impegnarsi con le unghie e con i denti; poi, tre giorni dopo, si scovano altri dati che direbbero che tutto va bene, e avanti con la giostra.

Sulla politica culturale (affidata non a caso al barelliere Mellarini! Noi non abbiamo niente contro i barellieri, però...) parliamo qui.

Sulle tematiche come diritti civili, contrasto all’omofobia, parità di genere, il PATT ha le idee chiare: non vuole farne niente, per andare incontro alla parte più retriva dell’elettorato, come pure del personale politico, che è maschio e non desidera concorrenti femmine a dimezzare le poltrone.

Anche il Partito Democratico dovrebbe avere idee chiare, e opposte, e pure maggioritarie nella società, ma naturalmente prevale l’ostruzionismo pattino, e anche qui torniamo alle righe iniziali.

Abbiamo parlato di doroteismo di ritorno, intendendo un doroteismo fuori tempo massimo, in anni di crisi e di grave, progressiva contrazione delle risorse. Ma ci sbagliavamo, è qualcosa di peggio: nel doroteismo la clientela, il posizionamento nelle istituzioni di propri uomini fidati (talora non necessariamente degli incapaci) avvenivano all’interno di un qualche disegno complessivo. Senza scomodare Bruno Kessler, che doroteo lo era solo nominalmente, l’insieme dei cinquant’anni democristiani una visione complessiva l’avevano avuta.

Qui no: oltre il clientelismo pattino, il nulla.

E dentro il nulla, il PD.