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QT n. 12, dicembre 2018 Servizi

LaVis, la Cantina non c’è più

Dopo il disastroso bilancio 2018. Tre strade possibili: l’aumento di capitale, la liquidazione o la trasformazione in altra società

“LaVis, il terzo polo non esiste più” titolava il Corriere del Trentino, al solito il più realistico, almeno nelle pagine dell’economia, dei tre quotidiani, mentre gli altri rappresentavano i grandi (?) successi dell’ultimo bilancio della Cantina come gli erano stati riferiti dai solerti addetti stampa. Sì, il terzo polo del vino trentino, una sciocchezza sul piano della logica economica, come sostenuto dal mitico Piano Pedron a suo tempo commissionato (e poi precipitosamente messo in un cassetto) dalla Federazione di Schelfi: per un piccolo territorio, già due poli – Cavit e Mezzacorona – sono quasi un assurdo, tre fa venire da ridere. E infatti il “terzo polo” era solo un’escrescenza clientelare, frutto del rapporto privilegiato di una cantina fin allora dedita alla qualità dentro il gruppo Cavit, con la politica, nella persona dell’allora onnipotente presidente Lorenzo Dellai. La LaVis, divenuta terzo polo, ritenutasi onnipotente anch’essa, si gonfiò come una rana, si dedicò alla quantità, acquistò tenute in Toscana, diede vita a presuntuosi ristoranti stellati, rilevò complessi industriali, omaggiò di diversi milioni l’altra onnipotente realtà, la finanziaria del vescovo, dirottò ancora altri milioni (almeno 6) in una opaca società americana. I suoi amministratori finirono in Tribunale, dove furono condannati.

Il fatto quindi che l’attuale presidente Pietro Patton dichiari finita la mortifera illusione del terzo polo, è una salutare presa d’atto della realtà. Anche se tardiva.

Il bilancio 2017-2018 infatti dipinge, se lo si legge, una realtà catastrofica. I dati complessivi del gruppo (non quelli ottenuti scorporando questa o quella attività, per indorare la pillola) sono molto crudi: registrano l’ennesima perdita, 1.655.517 euro, che si somma all’analoga dello scorso anno: 1.645.000. I debiti sono una montagna non scalabile, oltre 81 milioni, uno in più dello scorso anno.

Ma il colpo più duro viene dalla Revisione cooperativa. La quale contesta la correttezza di ben cinque poste in bilancio per un totale di 7.570.000 euro che andrebbero detratti dal patrimonio netto. Ma il patrimonio netto, di soli 3.669.519, se viene corretto dell’entità rilevata dai revisori, diventa negativo, e di ben 3.905.000 euro.

Ma una società non può avere un patrimonio netto negativo. E qui si aprono tre strade: l’aumento di capitale, la liquidazione o la trasformazione in altra società. L’aumento di capitale sembra improbabile, con 81 milioni di debito, e con i soci che hanno già dato molto, sia come crediti (3,6 milioni) sia come remunerazione dell’uva conferita inferiore a quella di mercato. Per evitare il fallimento la LaVis ha intrapreso due strade, entrambe illustrate dal revisore con una punta (forse ancora insufficiente) di scetticismo. La prima è un’ulteriore dilazione dei prestiti da parte delle banche creditrici. Già due anni orsono e pure un anno fa la Cantina e le banche avevano convenuto su dei Piani di risanamento, ogni volta disattesi. Ora se ne vara un terzo, con lo spostamento di tutti i debiti oltre i 12 mesi. Una mossa disperata, perché gli 81 milioni di debiti rimangono, come pure i quattro di patrimonio netto negativo.

Di qui la seconda strada: aderire a Cavit. Tornare all’ovile, insomma, dopo la clamorosa uscita di 14 anni fa. Una strada obbligata. La Revisione infatti (forse con troppo ottimismo, secondo alcuni) si limita ad esprimere “incertezze sulla continuità aziendale”; in soldoni, a dichiarare il fallimento alle porte, non in atto – proprio confidando in questo “progetto di riassetto del Gruppo”.

Il fatto è che non si tratta di una strada facile. Anche per motivi non strettamente economici: nel 2004 LaVis era uscita da Cavit sottraendole il miglior cliente, cui aveva offerto condizioni più vantaggiose (per poi farselo soffiare da Mezzacorona, a prezzi ancora più risicati: queste le delizie dei tre poli); le altre cantine socie di Cavit non hanno dimenticato quello sgarro, e quanto per esso hanno dovuto pagare. Ma soprattutto ci sono motivi finanziari: cosa vuol dire riassorbire LaVis? Farsi carico di quanti degli 81 milioni di debiti?

In realtà la Cantina ha ancora una sua appetibilità. Non può più stare in piedi perché le follie degli anni passati hanno provocato una diaspora dei soci con un dimezzamento degli ettari di vigneto (e ancora nell’ultimo anno il bilancio deve registrare l’abbandono di ulteriori 84 soci, non compensati da 30 nuove adesioni), mentre la struttura (immobili, dipendenti, rete commerciale) è giocoforza rimasta la stessa. Ma ancora controlla ottimi terreni, a Pressano e in Val di Cembra. Cesarini Sforza produce grandi vini. Casa Girelli ha problemi, ma detiene marchi interessanti di vini di largo consumo.

LaVis è andata a quel paese per le diseconomie generate dalla contiguità con la politica. Ora, se i suoi permanenti punti di forza possano essere giocati all’interno del consorzio Cavit, che peraltro gode di ottima salute, lo deciderà il consorzio stesso. Che però potrebbe essere tentato di rilevare solo quanto gli interessa.

Per parte nostra sottolineiamo ancora una volta i disastri provocati dalla politica quando si intromette nell’economia. E ricordiamo come, dopo Dellai, Ugo Rossi abbia continuato sulla stessa strada, regalando alla Cantina altri 10 milioni. Che si è visto come sono finiti.

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Commenti (12)

Purtroppo per loro Remo

Confermo, assemblea molto positiva, così come i dati di bilancio.
Purtroppo per questo quotidiano adesso hanno perso uno dei principali argomenti su cui scrivere. Datevi al gossip ora.

Tutto più che bene Assemblea

Per tutti quelli (non lavisani) che criticano l'operazione CaVit dicendo che è controproducente e che LaVis ci ha perso, dico solo: leggetevi i dati dell'assemblea del 27 dicembre, i numeri parlano più che bene, meglio di vecchie cornacchie e gufi, non vi basta un + 30% in un anno per farvi capire che è tornata ad essere cantina top sotto ogni punto di vista anche quello economico? Saluti e buone feste

Paris non ascoltarli Paris non ascoltarli

Signor Paris, non si faccia provocare. E' bello vedere che 10 anni di inferno non hanno minimamente scalfito le sicurezze, la boria e l'arroganza di questi, ancora convinti di essere i migliori, tant'è che sono sicuri di entrare in Cavit da padroni, dettando le condizioni e facendosi passare quasi loro per i salvatori del gruppo di Ravina, e non il contrario! Dopo avere lasciato per strada le aziende toscane, Cesarini Sforza, Girelli, danni di immagine e devastazione, è proprio brutto vedere che non c'è stato nessun bagno di umiltà e nessun mea culpa. L'unica cosa rimasta sono i muri della cantina, a meno che anche quelli non siano ancora impegnati a seguito di una dei contorsionismi finanziari degli anni scorsi, forse il signor Paris ci può chiarire anche questo. Ah è poi restano i debiti non esigibili alle banche, che visto che non sono enti di beneficenza troveranno sicuramente modo di rifarsi negli anni a venire su qualcun'altro, come diceva Paris anni fa ''paga Pantalone''

E' Cavit che decide ettoreparis

L'articolo è di un anno fa, e indica la soluzione che stava definendosi, non i dettagli. La soluzione è esattamente quella descritta, il 20% di Glv è un dettaglio. E in una società, con il 20% contro l'80%, non si conta niente: mi dispiace per l'orgoglio dei soci, ma la linea commerciale, anche sui prodotti LaVis, la stabilisce Cavit.

Non è proprio così Ferro

In realtà è completamente diverso, a differenza delle altre cantine già presenti in cavit lavis sarà l'unica grazie al 20% di glv a poter commercializzare da sé le. Proprie etichette.
L'accordo con cavit è la consegna del Vino che lavis non riesce a vendere a prezzi elevati. Approfittando del maggior potere contrattuale di quest'ultima.
Il titolo dell'articolo è perciò fuorviante e fazioso

Così è, se vi pare ettoreparis

Non capisco questo intervento, in realtà è successo esattamente quanto scritto nell'articolo: Cesarini Sforza, Girelli, la struttura commerciale (GLV) passate a Cavit, il Terzo Polo disciolto, LaVis ridotta a portare i vini a Cavit. Se poi i contadini finalmente ricevono liquidazioni paragonabili a quelli delle altre cantine, e non devono pagare il saldo degli ultimi debiti, ne siamo contenti. Hanno già pagato a iosa, e per tanti anni, l'incapacità di controllare pessimi amministratori.

la cantina cè ancora ferruccio

a quanto pare la cantina c'è ancora, ha liquidato bene quest'anno con previsioni di crescita nei prossimi.
Mi dispiace molto per chi ha scritto questo articolo

la soluzione Ermes

La soluzione migliore, peccato aver perso anni ed anni inseguendo chimere, se si fosse andati in Cavit già 5-6 anni fa invece di fare gli eroi per difendere il fortino e soprattutto le laute paghe di amministratori inadeguati... La vanagloria dei dirigenti del passato e lo zoccolo duro di soci miopi tra una cosa e l'altra costerà 10 annate ai contadini , visto che il rientro in Cavit non sarà comunque indolore, non è sbagliato credere che le cose si stabilizzeranno solo dopo il 2022 quindi il conto è presto fatto, dal 2012 al 2022 sono 10 annate belle tonde ...Auguri e non solo di Buon Natale, servono auguri più grossi qui...

La cantina non c'è più Carlo

mi scusi ma lei ha letto l'articolo? Il titolo "la cantina non c'è più" proprio perché come scritto nell'articolo "Ma il colpo più duro viene dalla Revisione cooperativa. La quale contesta la correttezza di ben cinque poste in bilancio per un totale di 7.570.000 euro che andrebbero detratti dal patrimonio netto. Ma il patrimonio netto, di soli 3.669.519, se viene corretto dell’entità rilevata dai revisori, diventa negativo, e di ben 3.905.000 euro." Quindi come fa una società ad avere un patrimonio negativo?

x Paris Sono anni

che si va avanti con la continuità aziendale in bilico, ecc..ecc..,o come il titolo dell'articolo "la cantina non cè più". Dove sono i dati che mostrano che il "fallimento è alle porte?"
Finora si andrà avanti, ormai il peggio è passato. Si possono formulare tante ipotesi, ma dal 2009 in poi la cantina è rimasta pressochè la stessa e continuerà come ha sempre fatto.

L’abbiamo scritto webmaster

Di qui la seconda strada: aderire a Cavit. Tornare all’ovile, insomma, dopo la clamorosa uscita di 14 anni fa. Una strada obbligata. La Revisione infatti (forse con troppo ottimismo, secondo alcuni) si limita ad esprimere “incertezze sulla continuità aziendale”; in soldoni, a dichiarare il fallimento alle porte, non in atto – proprio confidando in questo “progetto di riassetto del Gruppo”.

Cavit Voisempre pessimisti

Prossimo anno andrà in Cavit.Si farà gruppo con le altre cantine, che sosteranno il malato in via di guarigione e la strada via via si spianerà. Le ipotesi dell'articolo vanno bene per gli amanti della teoria.
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