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Anche i cani anti-Covid!

La gestione sudtirolese del contagio sprofonda nel ridicolo. In compenso qulache buona notizia sulla lotta ai pesticidi

Alla fine di un anno si fanno i bilanci. Ho avuto tempo per riflettere e un grande bisogno di cercare buone notizie, per scuotere l’inquietudine di questo tempo difficile. La politica a zigzag, la via sudtirolese nella pandemia, risultato delle lotte intestine nella Svp, ha come conseguenza un forte stress e una profonda stanchezza nella popolazione. Cominciamo però dalle buone notizie.

Ricordate la lotta degli abitanti di Malles contro i pesticidi, sostenuta dall’Istituto per l’Ambiente di Monaco di Baviera? Il paese dell’alta Venosta, l’Asterix nostrano, ha vinto una battaglia importante. Il procedimento voluto dall’assessore all’agricoltura e da 1.400 contadini del Bauernbund è finito: i denuncianti hanno ritirato la querela contro l’Istituto e il regista del film che mostrava l’uso massiccio di sostanze chimiche in valle. L’iniziativa della giunta provinciale stava producendo in Europa e nel mondo enormi danni d’immagine, creando l’impressione che il governo locale difenda i pesticidi e che le mele sudtirolesi siano “avvelenate”.

Intanto nella valle si sviluppano le iniziative a favore del biologico. In Venosta il 20% della superficie a meleto (e ci sono anche altri prodotti, ortofrutticoli ed erbe officinali) viene già coltivata in modalità biologica. Inoltre nello scorso anno il consumo di mele, dopo sette anni di continua lenta discesa, è cresciuto fortemente: le persone chiuse in casa hanno avuto modo di prestare più attenzione alla salute e all’alimentazione, cercando alimenti freschi e sani, e sempre più spesso biologici. Alla fine di gennaio è stata fondata da numerosi produttori di alimenti biologici e da cooperative come quella Civica dell’Alta Venosta e quella del Commercio equo, una cooperativa, Bio Alto, che ha come obiettivo la commercializzazione dei prodotti biologici del Sudtirolo, da quelli agricoli, al latte di montagna, alle carni di produzione locale, collegando produttori, commercio, alberghi e ristoranti. Un terzo dei soci e delle socie di Bio Alto dovranno essere agricoltori biologici e un terzo soci sostenitori. Si profila una nuova attenzione alla domanda crescente di cibo biologico.

La seconda buona notizia viene dalla città, luogo delle differenze e delle convivenze. Avete letto a suo tempo su queste pagine della scuola elementare “Alexander Langer” di Bolzano, che in un quartiere di recente costruzione ospita sotto lo stesso tetto classi italiane e tedesche. Dopo questo esperimento, che ha avuto qualche difficoltà a sviluppare una vera collaborazione, ma che interrompeva decenni di voluta separazione delle scuole di lingua diversa, ora si volta pagina. Bolzano avrà una scuola nuova, elementare e media, in via Bari, con all’interno anche strutture per la cultura, lo sport e il tempo libero di tutto il quartiere, in cui le classi di lingua italiana e tedesca saranno sistemate in modo da condividere aule, laboratori, palestra, aula magna, aule didattiche. Un cortile e un teatro da 240 posti e una mensa completano il progetto.

La terza buona, in un certo senso almeno, notizia ci avvicina ai tormenti di questi tempi. Si chiama “Wellenbrecher”, con una parola che non ha un corrispondente in italiano ma si potrebbe rendere con “Coloro che rompono le onde”, un (futuro) film basato su una serie di interviste, che Andrea Pizzini, filmaker e fotografo di Salorno, sta girando in reparti Covid. Fa parlare pazienti, medici, infermiere sulla loro esperienza quotidiana. Passati i canti sui balconi in primavera, gli “eroi”, dimenticati, continuano a lavorare, in condizioni durissime, per assistere i malati gravi di Covid. Infagottata nella tuta protettiva, una giovanissima infermiera di Emergency, lasciate provvisoriamente le zone di guerra per aiutare in un reparto in cui l’emergenza è un fatto quotidiano, spiega che questi malati e quelli che arrivano negli ospedali delle zone di guerra hanno in comune che arrivano tutti insieme, e si deve decidere chi curare per primo. Un medico originario del Sudtirolo, che ora vive e lavora a Monaco di Baviera dove sta anche la sua famiglia, è venuto a Bolzano per dare una mano. Lavora 12 ore al giorno. Alla domanda chi glielo faccia fare di stare lì a vedere ogni giorno la morte e la devastazione, risponde che “c’è bisogno”. Fra i malati un uomo giovane, che racconta (ha insistito di volerlo fare) che lui, sportivo e che si credeva coraggioso, ha dovuto pensare ai suoi due bambini per resistere. Parla con l’ossigeno nel naso, e mentre raccomanda a tutti di stare attenti e di proteggersi, lacrime copiose scendono sulle sue guance. C’è anche un ragazzo di 22 anni e sua madre in uno dei video: il Covid l’ha colpito al cuore (letteralmente) e ha rischiato di morire. Ora non ricorda nulla. Per un’influenzetta, come dicono i no-vax.

E con questo, fine delle buone notizie. Anzi, per qualcuno anche la prossima notizia è stata buona.

La vaccinazione degli ultraottantenni è iniziata un paio di settimane prima del previsto, perché il 40% dei sanitari ha rifiutato di vaccinarsi. Gli interessati sono accorsi, felici di uscire dall’incubo. Josef Zoderer, il maggiore scrittore del Sudtirolo (“La felicità di lavarsi le mani”, “L’italiana”, ecc.), che ha appena compiuto 80 anni, stufo di stare richiuso nel suo maso in Val Pusteria, apprezza e dice, ironico: “Mi fanno la puntura per la diserzione di molti sanitari”. Zoderer spiega la ritrosia ai vaccini (la provincia di Bolzano è l’ultima in Italia per tutti i vaccini) con una visione del mondo dei sudtirolesi “in cui scienza, medicinali e vaccini sono visti con molto sospetto”.

I primi no-vax furono ai tempi di Andreas Hofer: temevano che la vaccinazione contro il vaiolo inoculasse nei bambini il protestantesimo. Ora in molte RSA le giovani assistenti non si fanno vaccinare, perché gira la voce che il vaccino riduca la fertilità.

I no-vax sono serviti da scusa per i furbetti: un paio di sindaci, gli amministrativi della Sanità (caporioni in testa), qualche amico e parente. “Per dare l’esempio”, o “per non buttare via le fiale già aperte”. Però molti critici hanno ribattuto che ogni scusa è buona per passare davanti agli altri.

Anche se tutti ne hanno abbastanza dei loro, ecco di seguito alcune particolarità del Sudtirolo al tempo del Covid.

L’erba del vicino è sempre più verde”. Questo, detto in Sudtirolo, è inteso al contrario: noi siamo il meglio e non abbiamo niente da imparare da nessuno. Chi non è d’accordo con noi, è perché non capisce o non è stato ben informato: l’Italia, che ci fa zona rossa (ora arancione in cambio di voti in parlamento); il cancelliere della nostra vera patria, Sebastian Kurz, che ha indicato la Provincia di Bolzano come esempio negativo della gestione della pandemia; la Commissione europea, che ci ha fatti zona rosso scuro perché non capisce come si interpretano i dati.

Tamponi, cani e niente tracciamenti. Dai pochissimi tamponi dei primi sei mesi siamo passati a tantissimi, con test rapidi parificati e gli screening nei paesi. Moltissimi se li fanno fare in farmacia nonostante costino dai 50 ai 120 euro (perché a Roma 22 e a Verona 26?). Solo negli ospedali periferici si fanno con 20 euro. Per avere un certificato di negatività alla fine della quarantena, richiesto spesso dai datori di lavoro, si deve pagarselo. Da poco si fanno test regolari ai sanitari e alle operatrici delle Rsa. Bene. Però: niente tamponi alle badanti, né priorità per il vaccino. Idem per chi lavora nei centri di riduzione del danno o antiviolenza, a contatto con persone problematiche.

Le persone che hanno avuto contatti con un positivo non vengono né segnalate né controllate. In alcune scuole sono stati sperimentati cani che dovrebbero fiutare prima dei test l’odore del virus.

Bolzano, i cani anti-Covid

In un liceo di Bolzano, i positivi “a parere del cane”, sono stati sottoposti a un test rapido e poi a due o anche 3 tamponi PCR. Sempre tutti negativi. Nella scuola, qualche positivo c’era, ma i cani non li hanno scoperti. In un esposto alla Procura si chiede che si faccia chiarezza su come sia stato dato l’incarico e sulla base di quali criteri. La società che ha avuto l’incarico per 150.000 euro più IVA, è stata fondata il 12 novembre 2020 e iscritta alla Camera di Commercio il 17 novembre. Una delibera ASL di due settimane dopo, del 1/12/2020, affida direttamente alla Srl - che ha un capitale di 12 (dodici) euro - l’incarico di addestrare i cani. Il 18 dicembre la ASL affida alla stessa Srl l’incarico di fare i test nelle scuole: 4 giorni prima che la Srl iniziasse la propria attività e 4 giorni prima che ottenesse l’autorizzazione sanitaria a operare, che è del 22 dicembre 2020. Vedremo. Per ora i risultati delle scuole che hanno accettato di fare da cavie vengono tenuti segreti agli stessi docenti.

Bilancio ricco ma niente per scuola e sanità. Del bilancio più ricco della storia della Provincia non è stato usato nulla per aiutare la scuola, né per dividere le classi, troppo numerose, né per attrezzature adeguate per la didattica online. E la sicurezza? Niente tamponi ai docenti, che pure sono in presenza dal 7 gennaio. È stato fatto loro un corso sulle mascherine FFP2. “Devono avere la scritta CE” è stato spiegato. Gli insegnanti hanno poi ricevuto due mascherine a testa. Senza la scritta CE. L’intendente scolastica, interrogata, ha risposto che non ce n’è bisogno. Forse nelle scuole stanno smaltendo le mascherine farlocche della Cina sfuggite ai sequestri dei NAS?

La Sanità pubblica ha un’acuta mancanza di personale, che rende impossibile il funzionamento dei reparti non Covid. Le infermiere vengono spostate dai reparti normali a quelli Covid. Reinhold Perkmann, presidente dell’Associazione ospedalieri, ha messo in guardia dal rischio di aprire gli impianti di sci, perché non si potrà curare e operare chi avrà incidenti. Riposta del direttore generale della ASL: “Abbiamo la convenzione con i privati per interventi ortopedici”. Soldi pubblici per il turismo, mentre per tutte le altre patologie l’attività è drasticamente ridotta. Di fronte all’indifferenza dei dirigenti, diversi medici se ne vanno. Secondo Alfred Ebner, segretario generale del sindacato pensionati CGIL, le persone anziane e i malati cronici sono particolarmente colpiti da questa situazione. “Rimandare continuamente nel tempo le prestazioni non può durare per sempre” ha detto, accorato. Mentre la pandemia sembrava dovesse rinforzare la sanità pubblica, qui accade il contrario.

I malati di Covid a casa stanno soli e ogni medico di base sceglie cure o non cure diverse. Non ci sono unità territoriali che intervengono a domicilio. Elio Fonti della Auser ha denunciato che i pazienti anziani fanno code di ore fuori dagli ambulatori dei medici di base, che non trasmettono il promemoria dematerializzato o il numero di ricetta elettronica via mail, fax, sms o whatsapp e costringono gli anziani a ritirare la ricetta cartacea. La vulgata generale è che i giovani si possono considerare immuni, mentre se muoiono i vecchi non importa. È difficile ora far capire che non è proprio così.

Comunque rosso, rosso scuro, arancione, il Sudtirolo è sempre stato tutto aperto. Sabato 30 gennaio, ancora rosso: mercati, negozi, ristoranti e bar strapieni, rifugi aperti. Domenica 31 gennaio, primo giorno di arancione: secondo l’ordinanza della giunta provinciale, bar aperti per solo asporto e ristoranti chiusi. Altrimenti da Roma non arrivano i ristori. Ma come si fa a capire?