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QT n. 7, luglio 2021 L’editoriale

NOT, i soldi non sappiamo più spenderli

Scandalo NOT: le gravi e strutturali colpe della PAT

È molto grave la vicenda di cui parliamo nel nostro servizio di apertura: l’attuale esito dell’appalto per il nuovo ospedale.

Anzitutto è grave in sé. Realizziamo un ospedale non rispondente alle dimensioni, alle prescrizioni, alle normative previste. Un ospedale con meno stanze di quelle richieste, con macchinari di marca ignota, con una piazzola per l’elicottero inutilizzabile, con l’accesso delle ambulanze problematico, con le fondazioni che rischiano di far sprofondare la falda e la vicina Protonterapia. Queste solo alcune delle pecche di cui parliamo più avanti, con altre ancora non individuate causa gli inaccettabili ostacoli che vengono posti all’accesso alla documentazione completa.

E attenzione, queste sono gravissime carenze da comparare non tanto rispetto all’ospedale ideale, ma all’ospedale richiesto dal bando di gara. La Provincia cioè ha posto una precisa serie di richieste (il numero di stanze, per fare un esempio) poi però ha approvato un progetto che di queste richieste fa strame. Ha approvato un ospedale più piccolo e malfunzionante. Per di più realizzato da un’impresa che ha problemi giudiziari (rescissione del contratto ad Arzignano e sequestro del cantiere a Vibo Valentia) nelle altre realizzazioni in Italia, appena uscita da un concordato fallimentare, garantita da una piccola finanziaria di Malta.

Come è stato possibile? Si possono addossare tante colpe alla Commissione di Gara, somigliante alle tre scimmiette: non vedono, non leggono, non calcolano. Ma sopra la Commissione c’è un Responsabile Unico, che è un dirigente di grande peso in Provincia, l’ing. De Col. E sopra De Col c’è la Giunta Provinciale, cui non possono non essere giunte le preoccupazioni, gli allarmi suonati da noi, dal Consiglio Provinciale, da vari tecnici. E sotto la Giunta e a lato di De Col c’è una struttura tecnica della Provincia, che ci rifiutiamo di pensare non abbia espresso perplessità. E allora, come è possibile che siamo giunti a questo punto?

Il fatto è grave non solo per gli effetti che avrà sulla sanità trentina, ma per ciò che implica. Viene messa in gioco la capacità della Provincia di condurre appalti., di spendere, e possibilmente spendere bene, i fondi per investimenti. Che era poi uno dei vanti dell’Autonomia: sì, ci vengono più soldi – rispondevamo ai nostri detrattori – però li sappiamo spendere. Ora è finita l’era dei soldi abbondanti; in compenso li spendiamo malissimo (o non li spendiamo; una delle vie di uscita dal disastro del NOT potrà essere quella di non farlo).

Occorre una reazione a questa deriva. A livello politico, se escludiamo l’attività dei consiglieri 5 Stelle o Onda, finora non l’abbiamo vista. Ed è spiegabile (anche se poco comprensibile). Questa incapacità nel gestire correttamente gli appalti non nasce con Fugatti. Già con Rossi Presidente o assessore alla Sanità, quindi col centrosinistra al comando, il bando del NOT era entrato in crisi. Si cercò di addebitare colpe alla giustizia amministrativa, all’Italia centralista nemica dell’Autonomia, quando invece si era cercato di affossare le leggi in materia di terzietà dei Commissari di gara.

Nel servizio citiamo il caso dell’appalto della Meccatronica: anche lì la Commissione giudicatrice fece vincere un progetto che non rispondeva ai requisiti richiesti dal bando di gara. E cosa fece la Pat? Diede una lavata di capo alla Commissione? Tutt’altro, la difese facendo appello, sostenendo la tesi (demenziale ma rivelatrice) per cui alle mancanze del progetto si poteva rimediare con varianti in corso d’opera. Tesi respinta dal giudice: in questa maniera gli appalti sono una burletta, la Pat attraverso la Commissione di gara fa vincere chi vuole, e poi si accorda. Una prassi, aggiungiamo noi, che legittima una totale arbitrarietà: la Provincia assegna l’appalto a chi vuole, anche se presenta un progetto non rispondente alle sue stesse richieste. Da lì l’inizio dell’involuzione che ha portato al NOT, alla selezione del progetto peggiore, presentato dall’impresa meno affidabile.

A questo punto vale la pena di chiedersi chi fosse al comando a piazza Dante, ai tempi della Meccatronica. Era il centrosinistra. E allora si spiegano gli impacci attuali.

Servirà cambiare registro. Da parte della politica, che forse dovrebbe rendersi conto del buco in cui è caduta. Da parte del centrodestra anzitutto, che era stato eletto proprio per porre fine a una stagione di crescenti arroganze e conseguenti inefficienze, e invece le ha aggravate. Da parte del centrosinistra, che non può pensare di risollevarsi puntando solo sulle grossolanità dei contendenti, e senza prima rivedere le modalità con cui per vent’anni ha governato. Infine da parte della società civile, le imprese, il mondo delle professioni: la storia del NOT sembra quella di un ospedale non realizzato o male realizzato del profondo sud. E’ questo il nostro futuro? Per favore, diamoci tutti una mossa.