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QT n. 10, ottobre 2023 Servizi

Orsi: una presenza fuori controllo

L’inerzia del governo provinciale e gli errori di Ispra.

Alessandro de Guelmi

Il Trentino è un territorio in cui le popolazioni diorso, presente a seguito di una reintroduzione artificiale, e quella del lupo che invece è sopraggiunto in modo naturale e spontaneo, possono essere considerate entrambe ben presenti e consolidate. Questo comporta che, nel prossimo futuro, si dovrà coesistere con queste due specie animali che al momento posseggono un livello di protezione estremamente elevato.

Innanzitutto è giusto precisare che il Trentino non è l’unica zona al mondo in cui sono presenti questi due grandi carnivori; possiamo quindi attingere all’esperienza delle nazioni europee che da anni convivono con gli stessi e devono gestire il loro costante aumento numerico, malgrado la nostra logica autonomista ci spinga spesso a pensare in modo ristretto, all’interno dei nostri confini geografici e talvolta anche culturali.

Per iniziare qualsiasi piano di gestione di grandi carnivori dovrà essere fondamentale il concetto che qualsiasi vita umana sia decisamente più importante di qualsiasi vita animale e di qualsiasi progetto faunistico. Con ciò non ritengo necessario dover abbattere tutti gli orsi ed i lupi per garantire la sicurezza delle persone; anzi, ritengo fondamentale dare, a tutti coloro che vivono o frequentano il Trentino, l’opportunità di essere informati in modo professionale, approfondito, capillare e continuato sul comportamento dei grandi carnivori, su che strategie attuare per evitarli e come comportarsi in caso di incontro. Questa attività informativa ed educativa dovrebbe aver inizio ovviamente partendo dalle scuole e diventare patrimonio di tutti.

La conoscenza è uno strumento basilare per ridurre il rischio che questi animali possano nuocere all’uomo: basilare, ma non certo unico. La prevenzione dovrà essere implementata, sia a favore delle attività zootecniche, ma in particolare per impedire l’avvicinamento degli orsi ai centri abitati alla ricerca di cibo facile. I nostri rifiuti organici sono per l’orso, specialmente per i soggetti giovani e particolarmente curiosi, un’attrazione irresistibile che potrebbe portarli a diventare confidenti, problematici e pericolosi per l’uomo. Ciò potrebbe mettere a rischio anche la loro stessa sopravvivenza.

Anche il monitoraggio, non solo degli esemplari problematici ma della popolazione in generale, dovrà essere implementato utilizzando tutti gli strumenti e le tecniche che la scienza moderna può mettere a disposizione, valorizzando ed ottimizzando anche le professionalità dell’Ufficio Faunistico e del Corpo Forestale Provinciale. Conoscere come gli orsi utilizzano il territorio è una prerogativa indispensabile per mettere in atto una corretta gestione della specie. Queste attività dovranno essere attuate con la più assoluta trasparenza e condivisione con tutti i portatori di interesse.

Non ci si deve comunque illudere che, pur mettendo in atto anche al meglio quanto sopra esposto, si riuscirebbe ad azzerare il numero degli orsi problematici; l’estrema individualità caratteriale e comportamentale obbligherà probabilmente ad intervenire. Maggiore sarà l’efficienza delle attività di informazione, prevenzione e monitoraggio, minore sarà il numero di animali sui quali dover agire. Purtroppo questa attività, sino ad ora, non è stata realizzata con la dovuta completezza.

Il PACOBACE (Piano d’Azione Interregionale per la Conservazione dell’Orso Bruno nelle Alpi Centro-orientali), in quanto atto giuridico, dovrebbe impegnare, chi ha la competenza decisionale, ad attuare in modo preciso le norme previste dal piano stesso, e allo stesso tempo far sì che chi andrà ad applicare tali norme possa sentirsi assolutamente tutelato. Questo non toglie che dopo 30 anni meriterebbe di essere aggiornato.

Lo stesso prevede la cattura, lo spostamento, la reclusione a vita, oppure l’abbattimento di orsi pericolosi. Sono fermamente convinto che trasferire un orso problematico o pericoloso sia praticamente inattuabile, in quanto non esistono al mondo luoghi dove poter ridare la libertà ad un orso con tali caratteristiche. Un orso pericoloso rimane sempre pericoloso in qualsiasi altra parte del mondo; liberandolo andremmo solo a delegare ad altri la scelta di abbatterlo.

Per quanto riguarda la reclusione a vita, è mia opinione (condivisa tra l’altro dalla maggior parte degli esperti a livello mondiale) che l’orso nato e vissuto selvatico non sia un animale idoneo ad essere recluso in recinti di qualsiasi dimensione possano essere. Rinchiudere un orso selvatico in un recinto è la cosa più crudele che si possa fare all’animale e questa scelta non viene più messa in atto in nessuna nazione al mondo. I cosiddetti “Santuari degli Orsi” che troviamo nell’ Europa dell’est, sono semplicemente dei giardini zoologici nei quali sono rinchiusi per lo più animali nati e vissuti in cattività, che erano segregati in gabbie di piccole dimensioni, cuccioli trovati orfani, umanizzati ed ammaestrati: i famosi orsi ballatori. Tutti questi animali hanno trovato nei santuari una situazione di vita migliorativa rispetto a quella precedente.

A questo punto ritengo che, nel momento in cui un organismo “tecnico e qualificato” dichiari che quel determinato orso sia ritenuto pericoloso, l’unica soluzione possibile e seria sia l’abbattimento dello stesso nel minor tempo possibile. In generale i maggiori esperti ritengono che l’abbattimento legale di questi animali sia uno degli strumenti principali per garantire la sopravvivenza della popolazione stessa degli orsi e allo stesso tempo la sicurezza delle persone.

Per poter intervenire in modo rapido ed efficace è tuttavia indispensabile che, a livello nazionale, venga elaborato un piano di gestione dei grandi carnivori, come già avviene in altri paesi dell’Unione Europea, che preveda altresì il declassamento del livello di protezione di orso e lupo.

In questi ultimi vent’anni, per motivi diversi, abbiamo assistito ad un aumento inatteso delle popolazioni di orso e lupo, ma questo inaspettato aumento non è stato accompagnato da una graduale modifica della normativa. Ormai siamo in notevole ritardo; lupo ed orso non sono più specie a rischio estinzione e urge intervenire con efficaci modifiche normative.

La Provincia: s logan

e promesse inattuabili

Per quanto riguarda la Provincia di Trento, in questi ultimi cinque anni, si è avvertita una precisa regia politica tesa a ridurre la trasparenza, la condivisione delle scelte, l’attività informativa, la prevenzione, la ricerca ed il monitoraggio. Il Comitato Faunistico è stato sciolto, i Tavoli Informativi e di Partecipazione sono stati annullati, la presentazione del “Rapporto Grandi Carnivori” è stata abolita, il numero degli orsi radiocollarati è drasticamente diminuito, il campionamento genetico è diventato biennale. Queste scelte hanno contribuito ad aumentare il rischio di pericolosi incontri tra uomo ed orso ed a creare una situazione di paura e di profonde contrapposizioni sociali. A questo proposito colpisce la leggerezza con cui il maggior responsabile di questa scellerata politica gestionale e del conseguente clima di paura e di profonde contrapposizioni sociali, ora si erga a paladino della sicurezza dei Trentini promettendo l’abbattimento o la traslocazione, in luoghi non definiti, di più della metà degli orsi adulti presenti sul territorio. Promesse e slogan impossibili da attuare, sia dal punto di vista legale che pratico, ritenuti forse appaganti sotto il profilo di consensi elettorali, ma non certo utili ad appianare contrapposizioni sociali e favorire la convivenza tra uomo ed orso. Anche all’interno della compagine del centro-destra provinciale, qualcuno, in disaccordo con questa politica del governatore, sta cercando di redigere un valido ed equilibrato progetto di gestione dei grandi carnivori, attraverso un percorso condiviso con i vari portatori di interesse. Lo stesso Governatore, forse resosi conto dell’irrazionalità delle sue promesse, smentendo sé stesso ha infine istituito un tavolo tecnico con due dei maggiori esperti europei, escludendo però i validissimi esperti del Muse e dei Parchi. Questi ultimi, avendo seguito da anni con grande passione e professionalità i grandi carnivori nella nostra Provincia, detengono anche quelle esperienze e conoscenze territoriali che gli esperti europei ovviamente non possono avere.

In un momento così complesso, delicato ed importante, nel quale tutte le istituzioni competenti avrebbero dovuto portare il proprio fattivo contributo, sarebbe stato fondamentale un intervento tecnico, deciso e professionale da parte del Muse, organismo dotato di tecnici molto preparati, per fornire al politico le indicazioni più corrette per la scelta.

Certamente in politica è più facile arrogarsi il potere di decidere, silenziando chi ha posizioni diverse sostituendo il concetto del comando a quello del buon governo.

La sudditanza tecnica al potere politico, o perlomeno una confusione tra i due ruoli, è riscontrabile anche nell’ultimo parere ISPRA che, prevedendo l’abbattimento annuale di 8 orsi, sostiene che tale abbattimento non andrebbe ad intaccare il futuro della popolazione stessa. Questo parere potrebbe essere corretto se applicato su una popolazione in perfetta salute, ma parrebbe che ISPRA (Organismo tecnico del Ministero) abbia completamente dimenticato le problematiche genetiche della popolazione degli orsi nella nostra provincia.

Le problematiche genetiche

Riterrei prioritario che ISPRA desse delle indicazioni tecniche su come intervenire sulla pericolosa deriva genetica che potrebbe portare al collasso la popolazione degli orsi delle Alpi, invece che assecondare la richiesta politica di abbattimento di 8 orsi su una popolazione di cui non si conosce nemmeno esattamente la consistenza. A questo proposito è necessario ricordare che la popolazione degli orsi trentini, a causa della mancanza di contatti con altre popolazioni, possiede un patrimonio genetico estremamente ridotto proveniente da due soli esemplari maschi e da cinque femmine. Dal 2002, anno della prima cucciolata, si è giunti alla quinta-sesta generazione in consanguineità. Questo isolamento porterà inevitabilmente ad un costante aumento del grado di consanguineità di generazione in generazione, determinando tutta una serie di condizioni sfavorevoli chiamate depressione da inbreeding. Tali condizioni sono causa della riduzione della sopravvivenza della popolazione incidendo negativamente sulle capacità riproduttive e sulle potenzialità evolutive, quali l’adattamento alle variazioni ambientali e la resistenza alle malattie. Questo stato di cose potrebbe portare in futuro al collassamento della popolazione stessa, come purtroppo qualcuno auspica.

A questo proposito mi preme riportare alcuni passaggi di un lavoro sul monitoraggio genetico degli orsi in provincia di Trento pubblicato già nel settembre del 2010 sulla rivista scientifica National Library of Medicine:Un solo maschio dominante ha generato tutti i cuccioli nati dal 2002 al 2005, la diversità genetica è diminuita, la parentela è aumentata, si è verificato l’inbreeding, […] Abbiamo rilevato un cucciolo consanguineo nel 2006 e due nel 2008 derivanti da due accoppiamenti padre-figlia, la parentela media è aumentata da 0,075 a 0,134 dal 2002 al 2008. […] Il progressivo aumento della parentela media indica che, in caso di isolamento demografico persistente, l’inbreeding sarà un rischio immediato”.

Dal 2010 la situazione genetica non può che essere peggiorata, ma nessuno ha più ricercato e pubblicato nulla al riguardo. È inaccettabile che un organismo tecnico, quale dovrebbe essere l’ISPRA non abbia tenuto in debito conto le problematiche genetiche della popolazione degli orsi e si limiti ad esprimere un giudizio su quanti orsi abbattere invece che proporre delle soluzioni tecniche per limitare i danni dell’inbreeding genetico e garantire un futuro sicuro alla popolazione degli orsi in Trentino.

Se in passato i tecnici sono stati poco ascoltati dalla componente politica, pare che adesso la scelta politica preceda quella tecnica e che i tecnici debbano assecondare il volere politico.

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Il dott. Alessandro de Guelmi, già veterinario della Provincia, si è occupato di orsi per trent'anni