Palestina/Lona Lases: le coscienze si ottundono
Storia di un giovane palestinese e di un paese che ha dimenticato.
Quando prese l’avvio la prima Intifada, nel lontano 1987, Anan Yaeesh veniva al mondo in quel di Tulkarem, nella Cisgiordania occupata. Proprio quell’anno e nell’anno successivo a Lona-Lases, paesinodella val di Cembra in mezzo alle cave di porfido, un gruppo di persone (soprattutto giovani) si avvicinò alla causa palestinese. Non fu facile far capire che lo schierarsi apriori a sostegno di Israele, bollando come terrorista l’OLP, significava avallare l’occupazione di Cisgiordania e Gaza e negare il diritto all’esistenza del popolo palestinese. Tuttavia quel gruppo affiatato riuscì ad ampliarsi, coinvolgendo giovani anche di altri paesi della valle (da Segonzano a Cembra, a Lisignago), e portare a termine un’opera di sensibilizzazione che andò oltre la valle. Sull’onda di tale impegno e per merito del coraggio di due consiglieri comunali (Dario Avi, la cui memoria rimane viva, nonostante ci abbia lasciati da due anni, e Graziano Ferrari, firmatari della mozione presentata in Consiglio comunale) Lona-Lases si gemellò col villaggio palestinese di Beita in Cisgiordania.
L’iniziativa dei gemellaggi era stata lanciata dall’OLP per ostacolare la cancellazione di questi villaggi per opera degli insediamenti di coloni posti nelle loro immediate vicinanze e io mi occupai dei contatti con la sua rappresentanza a Roma, della quale era primo segretario Ali Rashid. Una prassi consueta, quella degli insediamenti israeliani, i cui coloni (armati e protetti dall’esercito) non risparmiavano nemmeno i cimiteri, distrutti per cancellare ogni traccia della popolazione insediata precedentemente su quelle terre.
Al gemellaggio seguirono anche tre affidamenti a distanza di bambini palestinesi le cui famiglie versavano in condizioni di difficoltà. Ricordo ancora le foto di questi bambini e delle loro famiglie: per loro un mondo di privazioni e sofferenze. Alcuni erano proprio di Tulkarem e tra quei neonati ci sarebbe potuto essere anche lui: Anan Yaeesh, 37 anni, oggi detenuto nel carcere di Terni e sul quale pende una richiesta di estradizione da parte del governo di Israele. Negli anni della seconda Intifada, tra il 2000 e il 2005 (scoppiata in seguito al fallimento degli accordi di Oslo del 1993 e al degenerare della situazione nella seconda metà degli anni '90), egli ha scontato 4 anni di carcere in Israele quale prigioniero politico.
Quale altro destino poteva attendere la sua generazione? Le loro speranze di adolescenti sono andate deluse in quegli anni, così come le nostre a Lona-Lases e più in generale in Valle di Cembra. Giusta dunque la loro ribellione nei primi anni Duemila, mentre a Lona-Lases si era provveduto a cancellare ogni traccia di quel gemellaggio che, tra l'altro, aveva portato all’istituzione di un fondo librario dedicato alla cultura e alla storia araba e mediorientale presso il locale Consorzio bibliotecario con Albiano (curato con dedizione dall’allora bibliotecario Giulio Bazzanella): nel 2013 l’amministrazione comunale provvide a sopprimere perfino il punto di prestito di Lases! L’anno nel quale Anan Yaeesh è stato costretto, come molti suoi coetanei, a lasciare la Palestina per l’Europa, prima la Norvegia (dove è stato sottoposto a una serie di interventi chirurgici per rimuovere proiettili di vecchie ferite), poi l’Italia, stabilendosi all’Aquila nel 2017.
Lo scorso 29 gennaio, nel pieno del massacro della popolazione palestinese di Gaza, Anan è stato fermato dalla Digos sulla base dell’accusa, mossagli dalle autorità israeliane, di appartenere ed essere finanziatore delle Brigate Tulkarem (formazione che riunirebbe giovani provenienti dalle varie fazioni della Resistenza palestinese, da Hamas a Fatah) ed ora si trova rinchiuso nel carcere di Terni in attesa che il Governo italiano valuti la richiesta di estradizione avanzata da Netanyahu.
I suoi legali (gli avv. Flavio Rossi Albertini e Stefania Calvanese) hanno presentato un’istanza nella quale hanno chiesto (e in tal senso si sono mossi anche alcuni parlamentari, da Angelo Bonelli a Stefania Ascari) che non venga accolta la richiesta israeliana, in quanto sussiste il pericolo di “trattamenti inumani e degradanti”, in base a quanto sostenuto in numerosi report di Ong e soprattutto nel Rapporto delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani nel territorio palestinese. Così la Corte d’Appello dell’Aquila ha negato il suo trasferimento a Tel Aviv.
La vicenda di Anan, però, dovrebbe indurci a una riflessione su noi stessi. Il giovane infatti potrebbe essere uno di quei bambini che nel 1989 adottammo a distanza e dei quali, purtroppo, ci siamo poi dimenticati. Il venir meno di quello slancio generoso coincise con la progressiva degenerazione anche all’interno della nostra comunità, a cui si è accompagnato il degrado pure delle condizioni di lavoro nel settore del porfido. È bastato l’affievolirsi della tensione ideale di un piccolo gruppo di persone per aprire la strada alla desertificazione sociale e culturale nella quale oggi si dibatte la comunità di Lona-Lases, ma non solo.
Oggi, di fronte alla vicenda di Anan, avverto la responsabilità anche nostra se ai giovani della sua generazione sono state date poche alternative: cerchiamo almeno di riparare al nostro colpevole silenzio alzando ora la nostra voce per evitargli di finire in mano ai carnefici del suo popolo.
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Articolo ripreso da “Antimafia duemila” (che ci ha gentilmente concesso la pubblicazione) e da noi aggiornato a seguito delle ultime decisioni processuali.