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Una maratona di musica

Poplar 2025

Il Poplar non si raggiunge, si conquista con una bella scarpinata fin sulla vetta del Doss Trento. Ma è giusto così, per poi avere un ambiente dedicato accogliente e articolato in diversi luoghi: in basso lo spazio di Piedicastello dedicato a incontri e dibattiti. In alto lo spazio concerti con due palchi, la chill area per chiacchierare, rilassarsi e bere qualcosa e lo spazio dj Eden stage.

È un segno di come negli anni questo festival si apre e muta alla ricerca di una dimensione di comunicazione e coinvolgimento sempre nuova.

Limitandosi alla parte musicale, il doppio palco del Doss propone un programma molto nutrito spalmato su quattro sere/notti. Tante realtà che si esibiscono in archi di tempo variabili. Di certo la maggioranza del pubblico conosce solo alcuni dei nomi proposti, ma vista la possibilità di seguirne almeno una decina per sera, se ne possono poi sempre scoprire ed apprezzare dei nuovi. Insomma, se si uniscono e condividono pubblici di artisti diversi l’audience si amplia per tutti.

Dalle 16.30 alle 2.00 la maratona sonora può essere spossante, con ovviamente gli headliners proposti nelle fasce più tarde, ma gli spazi sono belli e ci si può ricreare con un panino, una birra, due chiacchiere o anche semplicemente niente, distesi su qualche sdraio o sul prato.

Tony Pytoni

Gli artisti sono programmati per vaga consonanza di genere e la prima serata ha proposto una grande predominanza della parola con rap, hip hop, trap e variazioni. Ritmiche di bassi ripetuti e marcati, batterie elettroniche, qualche sottofondo di tastiere, ma è tutto secondario alle voci.

Umarell è convincente nei testi, nell’ironia, nell’interattività con i messaggi retroproiettati: “Gli AC/DC sono sopravvalutati, Facebook è sorpassato…”. La voce spicca e i testi si seguono bene, efficace il socio batterista che rimarca le ritmiche delle basi che mescolano pop, rap ed altro.Post Swag 2002 sono un agglomerato di giovani trentini che rappano, passeggiano, saltano, ballano sul palco su scarne basi registrate. Bella energia ed intarsio di voci.

Tony 2Milli propone un rap piuttosto convenzionale, ancorché con basi ben prodotte e molto applaudite. Poi conclude il set con la hit “Odio il governo”, che sembra un manifesto della gioventù contemporanea ai raggi x, con un testo interessante e significativo, per quanto anche poco condivisibile.

Con Simone Panetti abbiamo una netta deviazione in un punk hardcore piuttosto caotico e politicamente ubiquo. Rock urticante e scomposto nel grande sforzo, non del tutto riuscito, di coinvolgere il pubblico presente.

Ancora rap con Sayf, del quale si coglie una certa particolarità nella presenza di un corista che è anche chitarrista impegnato ad ammantare il flusso testuale con accordi super effettati di 6 corde, con risultati antitetici ed interlocutori.

E poi è la volta di TonyPitony, performer siciliano che mescola ironia, teatro, musica, e un linguaggio esplicito e provocatorio che parla di desiderio, corpo ed imperfezioni. Nei suoi brani dai titoli decisamente diretti come “Culo”, “Sessonline”, “Mi piacciono le nere”, “L’uomo cannone”, i testi scorrettissimi fluiscono su musiche che spaziano dalla samba, alla disco, al funky ai lenti melliflui che stridono coi testi talmente diretti da non risultare neanche volgari, semplicemente scioccanti. Incredibilmente efficace e coinvolgente sul palco, TonyPitony ha una potenza, padronanza e versatilità di voce pari alla maestria del gruppo che lo affianca.

La serata prosegue, ma seguire tutto per un non giovane come me è proibitivo. E un po’ mi chiedo se questo passare da un palco all’altro non rappresenti un po’ un’abbuffata tanto vorace quanto consumistica.

Nei giorni seguenti ho ascoltato il jazz rock, funky e tropicalia varia de Il mago del gelato, la cui particolarità, rispetto ai gruppi d’ispirazione di 50 anni fa, è il mix di tutti questi generi in una riuscita retroavanguardia sonora. Partono fortissimi, con tre brani che ricordano lontanamente i Talking Heads, i Franc Moody, che poi si acquietano su un crossover tra french touch, northern soul e pop creativamente meno stimolante, seppur con arrangiamenti particolari, impreziositi da belle vocalità.

Altin Gun

Molto altalenante il set degli inglesi Adult Dvd, che con una formazione anomala di tre tastiere, chitarra, basso, batteria alternano del synt pop coinvolgente a brani più lenti meno riusciti. L’impressione complessiva però è che molte formazioni, trovata una formula, finiscano per replicarla con limitate variazioni, specialmente ritmiche. Un po’ come se il concetto di variazione armonica sullo stesso giro sia applicato eternamente. E questo a scapito di musicisti preparatissimi, che però a tratti danno la sensazione di proporre una musichetta limitata e dalle tante venature già sentite. Per cui, quando appare la formazione turco/olandese degli Altin Gün, è un piacere seguire il loro rock etnico che fonde suoni e ritmi orientali e occidentali, in un bel mix di antico e moderno che cattura e smuove anche per la grande bravura dei musicisti, non scevri però anche loro di una certa ripetitività.

Infine il musicista britannico King Krule con la sua band che propone un suono insolito tra psichedelia pop molto effettato e a tratti trasognante, misto a venature di Fontaines D.C. e Killing Joke. Brani oltre le strutture classiche, compositivamente complessi, quanto minimali nelle ritmiche. Con un cantato spesso gridato e declarato per un suono complessivo suggestivo in alcuni brani e passaggi, quanto atipico e spiazzante in altri.

Insomma, una lunga maratona, e quanto ho scritto ne rappresenta solo una parte. Ma questa tipologia di festival ormai si è affermata da anni in varie latitudini europee. Quindi tra prendere o lasciare, decisamente prendiamo. E bene così.

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