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Gli elettori si tureranno il naso?

“Tutti fermi, ci sono le elezioni”: lo slogan suicida del centro-sinistra. Quando invece, se vuol vincere...

Miracolo a Trento? Nonostante tutto potrebbe ancora accadere. Potrebbe accadere che qui i candidati dell’Ulivo riescano a battere, nelle elezioni di primavera, quelli della Casa delle Libertà, mentre il centro-sinistra va sott’acqua in tutto il resto dell’Italia del nord. Certo, dopo l’infinita serie d’errori della coalizione che aveva vinto le elezioni nel novembre del 1998, ci vorrebbe appunto un miracolo o almeno una mezza rivoluzione. Mentre, dopo i traumi recenti che hanno prodotto - a sinistra ma non solo - delusioni e distacchi, il confronto politico sembra esser affogato in un’insipida gelatina che tutto copre, paralizza e sommerge.

Ci sono gli spettrali incontri di tre, quattro, sei segretari di partito che annunciano verifiche che non si faranno mai e indicono convention disdette il giorno dopo. Il Consiglio regionale è trasformato nell’aula delle piccole e grandi bugie, dove decine di piccoli Pinocchio smentiscono a mezzogiorno quello che solennemente avevano sostenuto di prima mattina.

Una federazione di lobby (impiantisti, cacciatori, e ancora residuali mondi d’onnivori divoratori di pubbliche risorse) sembra avere sostituito i naturali centri decisionali della nostra Provincia, ridotti, come succede ai partiti ed allo stesso Consiglio provinciale, ad essere nella più felice delle ipotesi luoghi deputati all’aneddotica, ma sempre più estranei alla politica. La politica rischia di non abitare più lì.

Dopo l’adozione dell’infausta variante al Piano urbanistico è stato scritto, con drammatica ma efficace definizione, che si era spezzato un antico patto fra comunità e istituzioni. Nessuno finora s’è preoccupato né di rispondere, né di reagire per frenare questo distacco. Eppure basterebbe una parola, un’idea, un’azione, non necessariamente di sinistra, per uscire dal torpore anestetizzante in cui è trascinato il Trentino. Un Trentino che arranca nella scuola, nella formazione e nell’innovazione (come conferma anche l’ultima inchiesta della Cgil nazionale), mentre si sciala la qualità dell’ambiente, presupposto d’ogni sviluppo che non sia quello della vecchia ferraglia, gestendo un presente che non avrà futuro.

Un Trentino in cui le decisioni politiche sono il frutto di compensazioni di potere e di consensi, fatte a scapito delle risorse pubbliche. Si fanno gli impianti in Val Jumela perché così si era promesso agli uomini del movimento ladino, si consentono gli impianti nella riserva integrale del parco di Paneveggio perché questa era la parola data ai candidati locali della Margherita. Si assiste al tentativo di riconquista d’ogni ridotto del veccho potere da parte degli uomini del tempo che fu: basti pensare alle vicende ultime dell’Istituto di Ricerche Sociali (la scuola dei corsi per la terza età).

Ma proprio perché il patto dell’antica alleanza si è spezzato, per il centro-sinistra dovrebbe essere più facile vedere il dirupo cui siamo tutti prossimi; e quindi più facile l’inversione di rotta. Per questo non c’è bisogno di convention celebrative, ma di un ritorno a vitali forme di diffusa democrazia. Ci sarebbe soprattutto bisogno che nei paesi, nei Consigli comunali, nelle valli, si combattesse il pensiero unico basato su uno sviluppo distruttivo e omologante, su clientele nuove che ricalcano quelle antiche sotto il paludamento del nuvo partito territoriale. Ma ciò si potrà fare solo denunciando l’imbroglio di un sistema costruito nell’interesse di pochi a danno di molti. Altro che applausi alla nuova ipotesi del presidente-governatore!

Se il centro-sinistra vuol vincere, deve quindi imboccare un nuovo itinerario politico. Anche in politica bisogna rifiutare lo sciagurato assioma della TINA (there is no alternative). E solo all’interno di questo itinerario dovrebbero essere trovati anche gli uomini che vogliono ricostituire l’antico patto con gli elettori. Candidati che alle prossime elezioni potrebbero unire ed essere credibili, facendo dimenticare i protagonisti che hanno provocato rotture e oltranzismi. Candidati espressione locale di una cultura europea e mondiale, non già riedizioni lottizzate di partiti inesistenti o - ancora! - modesti proconsoli di miserandi dosaggi romani.

Perdere è facile. Basta continuare così, con politiche che contrastano con sentimenti diffusi solo perché sostenute da speaker invadenti e spesso arroganti. Contando su fedeltà che non ci sono più e sulla ripulsa nei confronti di avversari che sostengono tesi da brivido. Secondo certi strateghi, il popolo del centro-sinistra sarebbe comunque disposto a turarsi il naso, a votare nomi impresentabili, perché sull’altro fronte c’è Berlusconi e il neo-razzismo di Bossi. Una corsa al peggio: se gli avversari sono pessimi, possiamo esserlo anche noi. E’ con queste furbizie che il centro-sinistra pensa di vincere?

In effetti vincere è difficile, soprattutto se si vuol farlo usando le proprie buone idee e ragioni, e non lasciando che altri menino le danze, con lo spregiudicato uso degli strumenti del potere.

Ma proprio per questo il cambiamento di rotta va messo in moto subito, prima e non dopo il voto. Diversi strateghi anche nostrani propugnano il "tutti fermi, ci sono le elezioni", che porterebbe ad un patto senz’anima, di pura e semplice spartizione del potere, che saprebbe sollecitare istinti e non certo provocare passioni. Quando, al contrario, il centro-sinistra avrebbe bisogno come l’aria di tornare ad essere una formula d’innovazione e cambiamento, capace di sollecitare entusiasmi e acquisire consensi.