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“La coralità alpine del Trentino”

Pier Giorgio Rauzi, Claudio Martinelli, Mara Orsi, La coralità alpina del Trentino. Arca, Trento, 2000, pp.348.

Quando, arrancando per irti sentieri, o al tramonto di una giornata di discese e impianti di risalita, l’appassionato di montagna intona fra sé "Quel mazzolin di fiori", forse non si rende conto di sfiorare una tradizione e una realtà di immani proporzioni. Ad aprire gli occhi agli ignari canticchiatori solitari ecco un libro istruttivo, piacevole e serio, "La coralità alpina del Trentino", opera di Pier Giorgio Rauzi, Claudio Martinelli e Mara Orsi, hanno creato per le edizioni Arca.

Rauzi è docente presso l’ateneo trentino in Sociologia della Conoscenza, e proprio nell’ambito delle ricerche condotte dal Dipartimento di Scienze umane e sociali è nata e si è sviluppata l’interessante e voluminosa opera. Il sottotitolo circoscrive le intenzioni di descrizione storica degli autori: "Dalla modernizzazione secolarizzata alla cristallizzazione dell’identità", intendendo con questo far risalire la tradizione dei canti di montagna ad una data precisa, ovvero il fatidico 24 maggio del 1926, quando venne costituito il coro della SOSAT. Obiettivo: cercare di comprendere, in tutte le varie sfaccettature, cosa accade dei canti di montagna nel secolo appena trascorso.

Il libro si divide in tre parti. La prima è totalmente dedicata alla codificazione e identificazione del soggetto di studio. Si parte quindi, ragionevolmente, dalla spiegazione dei termini principali, quali sono i canti di montagna, cos’è un coro e le differenze fra una coralità popolare e quella specificatamente alpina.

Senza volersi inoltrare troppo nell’argomento, si riconoscono i legami con la tradizione della musica sacra, sull’esempio della quale, non bisogna dimenticare, si costituisce anche la mitologia collegata al canto di montagna. Trova posto in questa sezione un lungo e particolareggiato resoconto della storia dei cori alpini. Dalla formazione già ricordata della SOSAT, modello di tutti gli organismi venuti dopo, allo sviluppo e ai problemi di gestione di una siffatta macchina sociale. Del resto, una tesi di fondo più volte sottolineata da Rauzi è proprio la funzione aggregante e fortemente sociale del coro di montagna, dove l’ambiente stesso induce alla riservatezza e all’individualismo. Uno dei capisaldi della struttura del coro alpino è l’esclusione della componente femminile; ma soprattutto si sottolinea come si tratti, tutto considerato, di una tradizione inventata.

La seconda parte del libro raccoglie i risultati di una particolareggiata indagine sullo stato attuale dei cori. Si assume come dato riscontrabile nella realtà trentina l’unirsi e organizzarsi di diverse persone in un coro, che diviene poi portatore di valori relativi al passato e all’identità stessa della popolazione; popolazione che si riconosce nell’ambiente geografico in cui risiede. Non si è mancato con grande perizia statistica di consegnare ad ogni membro dei diversi cori presenti in regione un questionario, attraverso il quale si è cercato di raccogliere il maggior numero possibile di informazioni.

Dove si riunisce il coro, quali regole vigono al suo interno, chi può far parte del coro, ma soprattutto chi sceglie di entrare in un coro, che tipo di persone? Queste sono solo alcune delle domande a cui fornisce una risposta esaustiva, per quanto possibile, la seconda tranche del libro.

Risulta interessante notare come i ricercatori siano stati in grado di allargare la propria raccolta di dati fino al 65% delle persone coinvolte in simili attività, quantità significativa, seppur con le cautele del caso.

Nella terza parte viene lasciata da parte la statistica per entrare nel pieno dominio dell’analisi sociologica. Il microscopio di Rauzi, Martinelli e Orsi viene usato per sezionare attentamente il repertorio canoro alpino.

Qui affiorano dati all’apparenza banali. Quanti altri canti popolari hanno come tema l’amore, l’ambiente (inteso come luna, boschi e prati) e la vita quotidiana? Se ne potrebbero citare un’infinità. A ben guardare, però, la prima impressione deve essere corretta, per il rigore scientifico e soprattutto l’incredibile mole di lavoro che deve essere stata compiuta dall’équipe per schedare un materiale che, in mancanza di tali sforzi, potrebbe un giorno essere destinato a ridursi cospicuamente se non a scomparire del tutto.

Scopriamo inoltre che, contrariamente a quanto accade in altre tradizioni, la natura non è mai vista come nemica o matrigna. Scopriamo altresì una idealizzazione del passato che si estende alle occupazioni nei campi e alla cura del bestiame, senza ricordarne minimamente i disagi e gli inconvenienti.

Molte altre scoperte di questo genere attendono il lettore accorto, perché "La Coralità Alpina del Trentino" è un libro che torna a sorprendere dopo ogni lettura.