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QT n. 6, 24 marzo 2001 Cover story

Il carosello dei candidati

L’Ulivo ha dei candidati eccellenti: ma si chiamano Kessler e Piccoli. Retroscena, calcoli e intrighi della resurrezione (provvisoria?) del centrosinistra.

"Respira ancora! Questo dovrebbe essere il titolo del prossimo numero di Questotrentino: nonostante tutto il centrosinistra non è morto, l’Ulivo sopravvive".

Giovanni Kessler

Queste le dichiarazioni, tra l’ironico e il compiaciuto, di un diessino doc nei giorni in cui si ventilava il ticket Kessler-Piccoli; poi però le cose hanno preso un’altra piega… Raccontiamola questa storia, molto istruttiva, vedendone soprattutto i retroscena, quanto mai significativi.

Il tutto nasce dalla fertile mente di Giorgio Tonini: cattolico, diessino, attualmente a Roma come portavoce di Veltroni, politico puro (ossia priorità assoluta agli equilibri tra i partiti, mitigata però da una certa attenzione ai contenuti del governare), acuto elaboratore di schemi spesso troppo astratti, a Tonini non sfuggiva la fragilità della situazione del suo partito. DS al governo in tutta la provincia, ma irrimediabilmente succubi della Margherita; e costretti ad avallare linee di governo che inesorabilmente ne erodono credibilità e base elettorale.

Come uscire dall’impasse, aggravata da una dirigenza troppo adusa ad inchinarsi al "nostro leader" Dellai?

Di qui l’idea della candidatura di Gianni Kessler. Personalità forte (vedi la scheda Giovanni Kessler con il profilo biografico), credibilità non solo locale, esperienza internazionale. La stessa cultura di sinistra, nel senso più ampio, di un Vincenzo Passerini (vengono entrambi dalla rivista "Il Margine" e dall’associazione "La Rosa Bianca"), ma con in più l’esperienza di magistrato di Mani Pulite prima, antimafia poi, e di mediatore internazionale e commissario europeo. In più il nome Kessler, il ricordo del padre, il mitizzato padre dell’Autonomia. Bastava per configurare un’alternativa a Dellai e un rilancio dell’Ulivo come sintesi delle culture cattolica e di sinistra?

Bastava. E, dopo i primi sondaggi positivi, attorno alla candidatura Kessler si mettevano con Tonini a lavorare anche il segretario diessino Mauro Bondi e la capogruppo provinciale Wanda Chiodi, entrambi in sofferenza per la progressiva riduzione della sinistra a opaco satellite dellaiano.

Contemporaneamente, sull’altra sponda, si muoveva Dellai. Secondo il suo classico principio: non deve esistere altro sole all’infuori di me. Principio che già l’aveva portato a escludere dalla sua Giunta le personalità capaci, ma che potevano dargli ombra (Leveghi e Passerini); che gli aveva perfino fatto scegliere di perdere voti alle ultime provinciali, pur di non mettere in lista – a Rovereto - un candidato di peso come Luciano Azzolini. Ed ecco quindi Dellai proporre una lunga serie di sottopancia (Beppe Zorzi, Mauro Betta) o di cadaveri politici (Tarcisio Grandi).

Dellai non si fermava lì. Puntando sul suo residuo ascendente entro la sinistra, con lo stesso criterio proponeva anche il candidato dei DS: Lucia Maestri, dipendente dell’Itc, attualmente al lavoro all’ufficio di gabinetto della Presidente della Regione, un’opaca presenza negli organigrammi diessini, nessuna caratterizzazione, se non un dellaismo sfegatato e acritico (Dellai ha sempre ragione: sulla Jumela, sulla PiRuBi, sulla Michelin, ecc ecc).

La cosa veniva vissuta dalla base diessina, che ormai sul "nostro leader Dellai" inizia ad aprire gli occhi, come una provocazione. E a tamburo battente veniva convocata una direzione provinciale, con lo scopo di bloccare Maestri e confermare i deputati DS uscenti, Olivieri e soprattutto Schmid, proprio perché ultimamente inviso a Dellai (che mal ne sopporta alcune recenti manifestazioni di indipendenza, tipo il no alla PiRuBi o l’adesione a "Costruire Comunità").

Sandro Schmid, parlamentare uscente dei Ds. Non riconfermato per far posto a Kessler, ha reagito con pesantissime esternazioni. Della serie: nella vita, quello che conta è la poltrona.

Alla riunione della direzione il segretario Bondi non sapeva che pesci pigliare: da una parte si trovava di fronte una base fremente di sdegno, decisissima a riconfermare il tandem Schmid-Olivieri; dall’altra aveva in tasca la ben più robusta candidatura Kessler, che non poteva però ancora rivelare essendone i termini non ancora maturi. Bondi pensava di cavarsela facendo approvare la riconferma dei due, con una postilla in cui ci si dichiarava aperti a "eventuali ulteriori candidature di peso".

Si sarebbe rivelata una soluzione troppo furba. (vedi, su questo numero, la lettera Dovremo turarci il naso?)

Infatti Dellai veniva a sapere della candidatura Kessler. E sprofondava nel panico: il suo giochino di candidare i nani politici entrava in crisi verticale. Si decideva quindi al grande passo, proporre una candidatura vera, Paolo Piccoli.

Paolo Piccoli, in una foto di quando era segretario della Dc.

Persona di indubbia cultura e intelligenza, attualmente vicepresidente del Consiglio nazionale dei notai, Piccoli era stato l’ultimo vero segretario della DC: se ne era inopinatamente andato nel ’91, non sbattendo ma educatamente chiudendo la porta, quando aveva visto che non riusciva a raddrizzare la barca, un partito abbarbicato alla politica dorotea della clientela, che disinvoltamente sopportava gli affarismi dell’allora presidente Malossini ("come fai a permetterti quella macchina?" - gli avrebbe chiesto a muso duro, alcuni mesi prima delle inchieste di Questotrentino sulle sue macchine, la casa, la villa - vedi "I conti in tasca a Malossini" n° 4 del 21.2.92 e "Tutte le auto del Presidente" n° 10 del 15.5.92); e quando il partito si strinse non attorno al segretario, ma al Presidente dalle mani lunghe, Piccoli capì che non c’era nulla da fare).

Dellai aveva già sondato la possibilità di una candidatura Piccoli; ma senza alcuna serietà, facendogliela proporre per interposta persona: il che, nel simbolismo della partitocrazia significa: "Vero che non vuoi candidarti?" Ora invece la proposta era più seria. Quanto seria? Dellai davvero intendeva trovarsi a fianco un altro personaggio ingombrantissimo come Paolo Piccoli?

Sta di fatto che la notizia approdava sulla stampa. "Ticket Piccoli-Kessler per il collegio di Trento".

Era la maniera peggiore di presentare le candidature. Il figlio di Bruno Kessler e il nipote di Flaminio Piccoli, il ritorno delle famiglie, del notabilato, il revival della DC, la politica sequestrata dalle dinastie. Dellai girava il coltello nella piaga: "Stiamo ricostruendo la Democrazia Cristiana".

Così la disponibilità di due persone di grande livello, di comprovata esperienza, veniva ricondotta alla riproposizione di vecchi e discussi nomi, a una storia di dinastie del potere democristiano. Poteva essere il rilancio della motivazione più nobile dell’Ulivo: l’unione, la commistione delle due grandi culture nazionali, cattolici e sinistra, Paolo Piccoli il miglior democristiano sulla piazza trentina, Giovanni Kessler sintesi di cultura cattolica e idealità di sinistra. "L’Ulivo non è rinsecchito, dovete scriverlo" - ci diceva il nostro interlocutore diessino.

Presentato invece come riproposizione del notabilato, il ticket incontrava grossi ostacoli e comprensibili ostilità. L’Alto Adige sparava ad alzo zero, i cespugli si agitavano intravedendo la vaga possibilità di un altro seggio, la base della sinistra entrava in fibrillazione. A questo punto Piccoli, già molto indeciso a causa di problemi familiari, decideva di rinunciare.

[/a]E allora Dellai lanciava la candidatura probabilmente definitiva: Tullio Uez. Presidente dell’Associazione Artigiani, Uez rappresenta quella particolare imprenditoria particolarmente amata dal doroteismo, contigua alla politica, che vive di commesse e appalti pubblici.

Tullio Uez, presidente dell'Associazione Artigiani, per alcuni giorni candidato di punta della Margherita.

La fortuna di Uez coincide con l’ascesa dell’amico Silvano Grisenti, assessore ai lavori pubblici prima al Comune di Trento, oggi in Provincia. Da allora Uez si aggiudica tutti gli appalti pubblici, scala l’Associazione Artigiani, diventa contiguo a Dellai. Politicamente esprime l’ala più rozza del piccolo padronato: nessun rispetto per l’ambiente (quindi sì decisissimi a Jumela, PiRuBi, aeroporto) fastidio per le regole, ostilità verso le normative a tutela della salute e sicurezza dei lavoratori. Un candidato che con la sinistra – e quindi con la coalizione - non c’entra nulla (e difatti scrive editoriali sul giornalino della Lega Nord).

Ritorniamo ai DS. Dove Bondi è in difficoltà: mentre lui aveva in tasca la candidatura Kessler, la direzione gli approvava la conferma di Schmid, che ora si trova a dover sloggiare per far posto a un candidato presentato come ultimo rampollo di una dinastia democristiana.

Il fatto è che vengono al pettine una serie di nodi. L’autorità del segretario, fortemente minata dopo la sconfitta verticale sulla Jumela e la serie di "penultimatum" lanciati a Dellai; l’identità del partito, che non sa più cosa è e fino a che punto può allargarsi per comprendere nuove persone e nuove culture; il rapporto con la Margherita, pericolosamente oscillante fra subalternità e voglie di rivincita.

In questo contesto anche una carta vincente, come la disponibilità di un personaggio come Kessler, crea problemi. Eclatante l’opposizione dei diessini roveretani, che sull’altare del bene superiore della coalizione, nella loro città si sono immolati come agnelli sacrificali, consegnando la carica di sindaco a un margheritino che ora porta avanti un disegno opposto di sviluppo della città; e via via con il vicesindaco, le nomine negli enti, gli allargamenti della propria stessa coalizione (Rovereto Insieme) diventata un insieme sì, ma informe, senza linee e idee comuni. Ed ecco allora da Rovereto arrivare la reazione opposta: adesso vogliamo candidati DS doc, allevati fin da ragazzini nelle sezioni di partito. E Kessler, sia un ottimo candidato, ma della coalizione, noi dobbiamo avere "i nostri". Visione che ci sembra aberrante, perché vuol dire che con le personalità non cerchi di rapportarti, magari anche di inglobarle, ma tendi a espellerle.

"La sinistra deve invece mantenere la sua caratteristica di apertura nelle candidature - ci dice Bondi - Soprattutto oggi è indispensabile lavorare sulle figure di confine, che indicano confronti e commistioni di culture."

Mentre andiamo in macchina non sappiamo come andrà a finire. C’è da augurarsi - per il bene non solo dell’Ulivo, ma di tutto il Trentino - che non si finisca con lo sprecare le potenzialità di una candidatura come quella di Giovanni Kessler.