Menù
Home
QT
Questotrentino
Mensile di informazione e approfondimento
Utente
Cerca
QT n. 3, 9 febbraio 2002 Monitor

Un sabato sera al “Lucignolo”

Una nuova formula: i ritrovi di associazioni culturali. Una serata in uno di questi locali del veronese, dove si ascolta la "lounge" un misto tra revival e musica di tendenza.

Se al fine settimana non avete nulla di speciale, considerate l’idea di passare una sera al "Lucignolo", un circolo culturale che si trova a Sommacampagna (a Villa Venier), provincia di Verona, facilmente raggiungibile in autostrada da tutto il Trentino.

Vi abbiamo passato la serata del sabato 19 gennaio, per merito del concerto della "Joy Yellow’s Cheesy Orchestra", un sestetto del quale si dice un gran bene nei passaparola di chi segue le pseudo-tendenze del pop attuale. La prima positiva impressione è data proprio dal locale. Si tratta del luogo di ritrovo di una associazione culturale ed è una specie di appartamento, nelle cui sale trovano posto una sala-bar, una sala-concerto, oltre a qualche zona più appartata, nelle quali sono spesso esposte personali di fotografia e di arte contemporanea. L’arredamento è semplice ed allegro: sembra di essere a casa di un amico scapolo. Insomma, siamo lontani anni-luce sia dall’estetica massificante dei locali giovanilistici (discoteche, pub, disco-bar, etc.), sia dal tetro realismo anti-conformista tipo centro-sociale. Ed infatti la clientela è molto rilassata: c’è chi segue il concerto del gruppo, chi fa due chiacchiere nella zona bar e soprattutto ci sono tutte le fasce di età. Complimenti ai ragazzi (alcuni dei quali si sono formati nella "nostra" facoltà di Sociologia) ed al Comune di Sommacampagna, che ha concesso l’affitto del locale. Davvero un modello organizzativo che dovremmo importare anche in Trentino.

Il concerto: "Joy Yellow’s Cheesy Orchestra" è un gruppo veronese che può essere classificato all’interno del fenomeno "luonge". I musicisti del gruppo hanno una grande esperienza, sia come musicisti jazz che rock: basti dire che il vecchio bassista è stato rimpiazzato recentemente, perché ora lavora a New York come collaboratore del "Knitting factory", il più famoso locale-etichetta discografica del jazz-rock più sotterraneo della grande mela. Il progetto della Joy Yellow’s Cheesy Orchestra è di riscoprire una serie di canzoni e di interpreti degli anni ‘60, ormai caduti nel dimenticatoio. Certo, si parla di Johnny Dorelli o di Califano e di una miriade di personaggi minori, che giustamente sono stati spazzati via dall’avvento del beat e di personaggi di maggiore spessore. Tuttavia dietro a quelle canzonette da Sanremo si poteva riconoscere un grande lavoro da parte degli (spesso sconosciuti) autori delle musiche. Erano artigiani che avevano un grande mestiere nel costruire la dinamica della canzone da 3 minuti, che si sviluppava su una strofa-ritornello classica, ma che era arricchita da arrangiamenti che pescavano dagli accordi in settima del jazz, alle spruzzate di esotismo dei ritmi latini, fino alle orchestrazioni drammatiche della canzone francese.

Oggi questo revival viene etichettato con l’unica sigla di "lounge", ma nasconde atteggiamenti molto diversi. Si va dalla pura parodia del duo piano-bar, come i Montefiori Cocktails, peraltro apprezzati ospiti di molti festival jazz, fino alla musica da tappezzeria delle compilazioni di DJ, come i Thievery Corporation. Invece la Joy Yellow’s Cheesy Orchestra ha scelto la strada dell’esecuzione e dell’interpretazione "vera".

E’ incredibile quanto belle possano essere le canzoni di Burt Bacharach ("Te ne vai") , Nada ("Ma che freddo fa"), Johnny Dorelli ("Arriva la bomba"), Califano ("E la chiamano estate"), quando sono suonate da un vero gruppo e senza alcun intento parodistico. Ed i risultati sono sorprendenti: alla fine il pubblico è in piedi a ballare e a chiedere daccapo l’intero repertorio del gruppo!

Ma come è possibile che questa musica, che in fondo molti di noi possono considerare la più becera possibile, sia oggi la tendenza più sofisticata di certo rock e jazz? Qualcuno forse ricorda la teoria musicale della "Devo-lution". Molto prima di Bossi & C., il gruppo americano dei Devo, a fine anni Settanta, teorizzava che a partire dal 1977 l’orologio della musica avesse iniziato a girare al contrario, provocando l’involuzione musicale verso forme più semplici ed immediate. In questo modo i Devo giustificavano addirittura la paternità di "Satisfaction", il mitico pezzo dei Rolling Stones, della quale eseguivano una scarna "cover". A vedere la storia degli ultimi vent’anni forse avevano ragione: il punk è stato una semplificazione del glam-rock, il pop elettronico una semplificazione del soul, il grunge della psichedelia, fino all’attuale decostruzione operata dai versanti opposti del post-rock e del nu-jazz: la musica è solo un pretesto per un sottofondo nel quale una canzone è sostituita dall’atmosfera. Bene, se tutto ciò è vero, allora la "Joy Yellow’s Cheesy Orchestra" dimostra che le lancette della storia hanno ricominciato ad andare avanti: solo che adesso si riparte dagli anni ‘60 televisivi! In fondo l’ipotesi è interessante. Supponiamo che i musicisti più importanti dei ‘60 non siano i Beatles, ma Bacharach e compagnia: la storia della musica sarebbe completamente diversa. Immaginate Nick Cave che prende a modello Perry Como invece di Lou Reed.

A febbraio i concerti del Lucignolo sono: venerdì 8 "Rolling Papers Band" (disco dance anni Settanta), sabato 16 "Non voglio che Clara", (post-rock).

Il bello dei concerti è che spesso sono seguiti da una vera e propria festicciola, cioè si balla, ma dipende dall’estro della serata, esattamente come quando vi trovate tra amici. Ma al Lucignolo trovate anche teatro, rassegne cinematografiche e altro.