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Scuola bilingue

Un convegno organizzato da studenti auspica una scuola plurilingue. Ma la SVP non ne vuole sapere...

"Sono pochi, non contano e si sbagliano" - titola l’Alto Adige. Non l’ennesimo titolo gridato come si usa da qualche mese, ma citazione del segretario del partito di maggioranza assoluta.

Curioso - ha pensato di primo acchito chi vi scrive - per un partito etnico che rappresenta una minoranza, questo tono sprezzante verso un gruppo di persone solo perché sarebbero, nell’opinione di Siegfried Brugger, una minoranza. Forse non sono una minoranza. Come sempre sono studenti, docenti e intellettuali che nelle società moderne svolgono il ruolo di proporre le questioni cruciali.

E cosa c’è di più importante oggi in Sudtirolo della formazione delle nuove generazioni ad essere cittadine e cittadini all’altezza della complessa situazione della terra in cui vivono? Chiusa, dieci anni fa la controversia internazionale davanti all’ONU, risolti i problemi essenziali di sicurezza della minoranza, costituito un quadro di diritti e doveri collettivi che garantiscono ogni gruppo linguistico, ci si trova di fronte ad una realtà che ha riconosciuto e accettato la sua complessità e le sue specialità, disegnando un sistema istituzionale in grado di corrispondere ai bisogni reali dei suoi abitanti.

Gli studenti delle superiori, organizzati in tre consulte divise per gruppo linguistico, che tuttavia lavorano insieme, hanno organizzato con un’associazione di studenti superiori e universitari, il Ponte/die Brücke, un convegno sul futuro della scuola, nel quale non hanno fatto mistero di voler parlare di bilinguismo o plurilinguismo. Tanto è bastato per scatenare la reazione ostile del partito etnico.

La novità era data dalla presa di posizione di un noto teologo, don Paolo Renner, a favore di una scuola bilingue. Renner, docente nel seminario vescovile di Bressanone che è da tempo una università bilingue, non ha avuto smentite, e al convegno c’era anche il fratello del vescovo, insigne linguista, a indiretta conferma che la Chiesa locale intende continuare il suo discreto interventismo a favore di una società che prenda in considerazione il bisogno di superare la separazione e di agire concretamente per l’integrazione. Ne sono stati i primi forti segnali i sinodi bilingui e le messe che contengono sempre una parte nell’altra lingua anche in situazioni di sostanziale monolinguismo dei fedeli. Ma sempre fortemente presente è anche la richiesta delle famiglie mistilingui (la cui punta avanzata è l’associazione Convivia, presieduta da Franco Kettmeier, che si è già molto impegnata sul tema del censimento) di avere una scuola che non ignori problemi e potenzialità dei giovani che in famiglia vivono nelle due lingue e nelle due culture.

In Europa è ineludibile la formazione plurilingue dei giovani e gli altri Paesi europei vi rispondono con decisione, affiancando all’insegnamento della lingua materna l’inglese come lingua franca, ma anche un’altra lingua europea" - dice Alessandra Spada, docente di seconda lingua nella scuola superiore di lingua tedesca e autrice con Carmen Siviero di un’importante nuova antologia di letteratura.

Dunque, per non stare fuori dall’Europa, per andare avanti con l’autonomia, che non può "essere dinamica in alcune cose e pretendere che la scuola invece rimanga imbalsamata" - come ha detto il giurista Francesco Palermo - va affrontata la questione di una scuola troppo monolingue. Siegfried Baur, docente di linguistica a Klagenfurth e Bolzano, risponde alla richiesta degli studenti di una scuola "costruita intorno alle esigenze di noi ragazzi" e capace di insegnare la seconda lingua, spiegando che la causa dell’insufficiente apprendimento della seconda lingua sta in quello che chiama "l’abito monolinguistico delle scuole italiane e tedesche". Bilinguismo e pluriculturalità sono obiettivi che non possono raggiungersi solo attraverso moderne metodologie didattiche, che già esistono, ma che hanno una rilevanza politica e quindi dalla politica devono avere i segnali giusti per essere risolti. Baur parla di "paura dell’ibrido" e di necessità di prendere consapevolezza che ogni cultura in Europa proviene da una contaminazione. Insidiosa a questo punto la proposta di dare il via libera ad una scuola privata bilingue o plurilingue. Ma sia Franco Kettmeier che Francesco Palermo sono decisi quando affermano che l’apprendimento delle lingue non può rimanere un fatto di élite, riservato a pochi. E’ l’intera società sudtirolese, e i giovani dei ceti più deboli che hanno diritto ad una formazione bilingue. Gli stessi mistilingue non sono solo di ceto elevato.

Nella sala grande dell’ITI di lingua italiana, ragazzi di entrambi i gruppi linguistici han dato vita ad un confronto sorprendentemente profondo, dicendo e dicendosi cose anche scomode. Nel documento finale che i ragazzi hanno steso, emerge la richiesta che accanto alle scuole separate per gruppo, si aprano a livello sperimentale sezioni o scuole paritetiche analogamente a quanto esiste nelle valli ladine. Non era scontato che si arrivasse a questo: il 19 dicembre le consulte degli studenti avevano fatto una affollatissima manifestazione unitaria, ma poi la consulta di lingua tedesca aveva considerato affrettato farne una avente per tema la scuola bilingue. E’ esemplare anche per una procedura democratica che si sia atteso e poi riflettuto prima di arrivare a un risultato che la politica dominante non potrà ignorare.