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Il braccio violento delle favelas

Droga, controllo delle carceri, estorsioni, traffico di armi. La lotta al crimine del presidente brasiliano Cardoso si è chiusa con un fallimento. E ora Lula si trova ad affrontare una mafia potente e organizzata. Da Narcomafie, mensile del Gruppo Abele di Torino.

Walter Fanganiello Maierovitch

Rio de Janeiro è circondata da colline. E sulle colline è stata respinta e abbandonata la popolazione povera, i senzatetto privi d’ogni assistenza. La situazione non è migliorata durante il governo dell’ex presidente Fernando Henrique Cardoso, alla fine del quale si è registrato il maggior tasso di disoccupazione nella storia del paese. Il Brasile è ancora tra i paesi con la peggior redistribuzione del reddito; l’emarginazione sociale è aumentata e lo Stato continua a essere olimpicamente assente. Nel vuoto dello Stato si è insediata in compenso la criminalità organizzata, che ha conquistato territori, imposto le proprie leggi, costruito il controllo sociale.

I percorsi del traffico di stupefacenti.

Le famiglie povere ricevono dalle organizzazioni criminali alimenti, medicinali e denaro per cure, degenze o interventi chirurgici. I bambini, invece, armi per affrontare la polizia. Avviati allo spaccio, finiscono poi quasi sempre per diventare tossicodipendenti, spendendo per la droga tutto il denaro guadagnato con la vendita al dettaglio: un circolo vizioso, insomma.

Nella popolosa San Paolo, che ha una topografia molto diversa da quella di Rio, da cui dista 450 chilometri, si sono formate sacche di povertà nella periferia, dove la criminalità ha conquistato il controllo sociale incutendo paura e imponendo un regime di omertà. Il 2002 ha visto le organizzazioni criminali di San Paolo unirsi a quelle di Rio de Janeiro, concordare uno statuto comune e costruire un potente network per spacciare stupefacenti, controllare le carceri, trafficare armi di grosso calibro, fornire prodotti chimici per la raffinazione dei narcotici, compiere estorsioni attraverso sequestri di persona, rapinare banche e camion che trasportano valori o componenti elettronici.

Nell’ultima settimana di settembre l’organizzazione criminale nota come Comando Vermelho ha ordinato a Rio e nella vicina Baixada Fluminense (zone densamente popolate e ad altissimo tasso di violenza) la sospensione delle attività commerciali, delle agenzie bancarie, delle scuole, delle università e dei supermercati. I mezzi pubblici di trasporto sono stati sospesi, diversi commissariati di polizia hanno chiuso i battenti, la popolazione si è nascosta in casa: tutti alla mercé di una sorta di Stato-parallelo che ha deciso di dimostrare la sua potenza.

Poco tempo prima, un noto trafficante di stupefacenti, Fernandinho "Beira-Mar" (la favela di cui è capo), aveva commissionato un acquisto di armi - tra cui missili - per la sua organizzazione. L’ordine era stato fatto tramite un telefono cellulare dalla sua cella del carcere di massima sicurezza di "Bangu 1". Legato al Comando Vermelho, Fernandinho ha capeggiato alla fine di settembre una rivolta conclusasi con la distruzione di una parte del carcere e l’eliminazione di detenuti appartenenti alla fazione rivale degli "Amici degli Amici". A "Bangu 1" Fernandinho ordina pasti col telefonino e noleggia videocassette. Ma ci sono altri 26 detenuti che godono degli stessi privilegi. Poco addestrati e mal pagati, gli agenti penintenziari possono fare poco o nulla, quando non vengono corrotti dalle organizzazioni criminali.

Nello scorso agosto il giornalista Tim Lopes, che la
vorava per la potente Rede Globo de Comunicações, cercò di entrare, privo d’autorizzazione, nel territorio controllato dal Comando Vermelho. Voleva riprendere con una piccola telecamera nascosta una "festa funk", durante la quale si assumono droghe acquistate all’entrata del locale e viene praticato sesso estremo. Scoperto, Lopes è stato torturato e giustiziato dopo un processo sommario del "tribunale" del Comando Vermelho. Il corpo è stato bruciato per renderne impossibile il riconoscimento.

A San Paolo, l’anno scorso, l’organizzazione criminale nota come PCC - Primeiro Comando da Capital de São Paulo - ha organizzato una sommossa in tutte le 28 carceri della rete penitenziaria dello Stato. Durante la rivolta sono state danneggiate le prigioni, e alcuni visitatori, tra cui donne e bambini, sono stati presi in ostaggio. Al successo dell’iniziativa - le rivolte si sono svolte contemporaneamente - ha contribuito il controllo all’interno delle carceri, l’uso dei telefoni cellulari e di cinque centrali telefoniche clandestine operanti in varie città dello Stato di San Paolo. Il primo anniversario di questa rivolta è stato celebrato poco tempo fa nelle prigioni del paese.

L'ex-presidente brasiliano Fernando Cardoso.

Il governo Cardoso ha tenuto fuori dal piano per la sicurezza nazionale un codice penitenziario che prevede un sistema di carcere duro simile al 41bis della legislazione penitenziaria italiana. Per il suo piano Cardoso ha detto di essersi ispirato ad Enrico Ferri, penalista e uomo politico italiano vissuto a cavallo tra l’800 e il 900 e autore di numerose opere di diritto e procedura penale, nonché tra i primi a sviluppare la sociologia giuridica. Tra le altre cose, Ferri consigliava l’uso dell’illuminazione pubblica per ridurre la criminalità, misura che Cardoso non ha potuto attuare dovendo fare i conti, proprio nei giorni dell’annuncio del piano, con una crisi dell’energia elettrica. Il Brasile è rimasto a lungo al buio, e la situazione si è aggravata con la siccità e l’esaurimento dei serbatoi d’acqua.

Così, il piano per la sicurezza è stato rimandato ad altra occasione, nonostante l’escalation della criminalità. Un’escalation che riguarda anche le istituzioni: nello Stato di Espírito Santo, un uomo politico è stato accusato di gestire il giro d’affari legato al gioco d’azzardo e di essere legato alla "Scuderia Le Coq", un gruppo di sterminio paramilitare.

ARio e San Paolo le organizzazioni criminali gestiscono il mercato della cocaina, delle metanfetamine e della cannabis. La cocaina proviene da Colombia, Perù e Bolivia, mentre le metanfetamine e la maggior parte della cannabis entrano nel paese dal Paraguay assieme ad armi e sigarette di contrabbando. In Brasile la cannabis è coltivata nella regione del nord-est, negli Stati di Bahia, Maranhão e Pernambuco.

Il Brasile è corridoio di passaggio della cocaina diretta verso l’Europa e l’Africa. Fornisce prodotti chimici ai laboratori di raffinazione di cocaina dei paesi produttori di coca ma anche di papavero da oppio. Quando mancano le sostanze chimiche i cartelli colombiani e le firmas peruviane ricavano i precursori da prodotti regolarmente in vendita. Ad esempio il cemento grigio usato in edilizia, il cui impiego nella lavorazione della pasta-base della cocaina riduce sensibilmente il prezzo del prodotto finale. Si tratta però di lavorazioni non ortodosse che alterano le sostanze e le rendono più pericolose. Ciò nonostante, il governo di Cardoso non ha mai adottato misure sociali e sanitarie adeguate. E’ proibito ad esempio il commercio di strumenti capaci di calcolare i tassi di purezza degli stupefacenti, sicché nei diversi festival e concerti giovanili, dove il consumo di droga è molto alto, nessuno può conoscere la composizione delle droghe che assumerà.

Il neo presidente Lula.

Come tutti i paesi di passaggio del narcotraffico, il Brasile è diventato anche un centro di consumo. Le spese del trasporto degli stupefacenti destinati all’Europa vengono pagate con gli stessi stupefacenti, e così la droga viene rivenduta e immessa in una vasta e capillare rete di distribuzione, che copre tutto il territorio del paese. Le polizie brasiliane continuano però a mettere in prigione prevalentemente piccoli spacciatori. Non arrestano mai il grande trafficante, non controllano i movimenti economici derivati dal commercio di stupefacenti, né verificano la provenienza delle ricchezze ostentate dai narcos.

Gli Stati Uniti hanno divulgato dati che parlano di un forte calo del consumo di cocaina. Ma il calo è dovuto probabilmente al grande aumento di quello delle droghe sintetiche. Vi è anche stata una significativa diminuzione del consumo di eroina e le rilevazioni statistiche hanno evidenziato un aumento dell’età media degli eroinomani. I paesi dell’America Latina hanno già cominciato a sentire gli effetti del boom statunitense delle droghe sintetiche. C’è stato dovunque un incremento dell’offerta di cocaina e, in Brasile, anche d’eroina. Cocaina ed eroina stanno diventando stupefacenti sempre più diffusi nei paesi del Terzo Mondo. Ma il Brasile potrà affermarsi anche come paese produttore di stupefacenti sintetici, dato l’alto numero d’industrie chimiche e farmaceutiche presenti negli Stati di San Paolo e Rio.

Nello scorso mese d’agosto, Cardoso annunciò una
nuova politica di prevenzione alle droghe ed emanò una nuova legge. Seguendo il modello statunitense e l’ormai superata Convenzione Onu del 1960, ha criminalizzato la detenzione ad uso personale di sostanze stupefacenti. Con questa nuova legge i tossicodipendenti sono posti di fronte ad un’alternativa secca: carcere o terapia obbligatoria. E’ un modello palesemente inadeguato per un paese incapace di fornire terapie persino a coloro che scelgono volontariamente di curarsi. Le carceri si sono così riempite di tossicodipendenti, ragazzi che spacciano nelle strade delle città e che le organizzazioni criminali provvedono subito a sostituire.

In questo quadro non sono state previste misure sociali e sanitarie per la riduzione dei rischi. Le terapie a base di droghe sostitutive, ad esempio, sono illegali. Non solo: la prevenzione volta alla riduzione dell’offerta viene confusa con quella volta alla riduzione della domanda, e così può accadere che la polizia militare venga impiegata a scopi educativi. Nelle scuole brasiliane i militari sono chiamati a svolgere una supposta funzione deterrente. Ma i metodi sono quanto meno discutibili: in uno dei sussidiari per le scuole elementari si legge che i ragazzi non devono usare berretti perché "sono cose da banditi, che se ne servono per nascondere il viso".

Acausa della pressione nordamericana il governo brasiliano ha emanato una legge che permette di abbattere i velivoli sospettati di trasporto di stupefacenti. Le informazioni sui voli sospetti vengono trasmesse dalle basi statunitensi di Manta (Ecuador), Iquito (Perù), Curaçao e Aruba (Antille Olandesi), e Key West (Florida).

Con il piano Ira (Iniziativa regionale andina, l’ex Plan Colombia) gli americani intendono tagliare tutti i canali attraverso cui si finanziano i movimenti guerriglieri colombiani delle Farc e dell’Eln, ma al contempo non si fanno scrupolo di vendere aerei a chicchessia, senza preoccuparsi del modo in cui verranno usati. Come la Colombia e il Perù, anche il Brasile ha adottato un metodo militare, che vìola i diritti umani e persegue una repressione ottusa e, a conti fatti, controproducente. Recentemente in Perù un aereo è stato colpito per sbaglio, provocando la morte di una missionaria evangelica e della figlioletta di pochi mesi. E’ risaputo, del resto, che il grande narcotrafficante ingaggia piloti e non segue mai personalmente gli spostamenti della droga.

Non il suo programma di governo Cardoso non è insomma riuscito a contrastare in modo efficace una criminalità organizzata sempre più forte ed efficiente. Non si è reso conto che non si tratta semplicemente di una questione di polizia, ma di un problema che riguarda la salvaguardia stessa dello Stato democratico e dei diritti e delle garanzie individuali. Sulle droghe e sull’uso delle stesse ha adottato il modello statunitense, ritenendo che la criminalizzazione dell’utente potesse determinare una riduzione della domanda di droga.

Ma esiste anche un problema di ordine strutturale. Il Brasile è uno Stato federale. Vi operano una giustizia, un pubblico ministero e una polizia federali. Da parte sua, ogni Stato confederato conta sui propri sistemi giudiziari e repressivi. Il problema è che non c’è comunicazione tra gli organismi federali e quelli statali. Tanto meno tra i diversi organismi statali. Le polizie sono indipendenti e non sono soggette al pubblico ministero federale e statale. E non esiste un organo di coordinamento delle forze. Con un risultato prevedibile: il caos.