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QT n. 12, 17 giugno 2006 Servizi

Un progetto per la vecchia stazione

Che fare del pregevole edificio della vecchia stazione di Predazzo?

La stazione ferroviaria di Predazzo è un edificio di grande pregio architettonico, ideata e progettata da Ettore Sottsass padre, un innovatore dell’architettura nazionale. Nonostante questo, nonostante si trovi in un’area strategica del paese, nonostante rappresenti un percorso di storia, di memorie, di confronti che ha dello straordinario, è da tempo abbandonata.

La Provincia destina l’immobile, di proprietà del Comune, a sede museale, ma i fondi di spesa sul capitolo, per anni, sono ormai esauriti. Il Comune di Predazzo vorrebbe comunque istituirvi il museo della storia del trenino della valle di Fiemme, un insieme di foto e il recupero di alcuni modellini: un progetto arido se inserito in un simile contesto.

Da un insieme di associazioni della valle di Fiemme arriva una proposta che si oppone alla staticità di un progetto museale. ORIGAMI, Centro di Salute Mentale, centro di Alcoologia, l’associazione E.R.E.T.I.C.A. e Mandacarù chiedono al Comune di divenire ente facilitatore a livello istituzionale di un progetto di ampio respiro sociale. Queste associazioni si impegnano ad investire in un non-museo e di recuperare la stazione ferroviaria per farla ritornare ad essere un immobile che favorisca circolazione, mobilità di persone, di idee, di progetti, di cultura, di lavoro.

Con la costituzione di una cooperativa di servizio e lavoro di tipo B queste associazioni propongono l’apertura di un punto di riferimento per le due valli capace di offrire accoglienza, servizi e cultura. Ma non solo. Il centro diverrebbe un laboratorio innovativo nella ricerca e nell’offerta di nuova imprenditorialità, costruendo imprese sociali inserite nella comunità e che per essa lavorino. Gli spazi per il successo del tentativo sono significativi, in quanto esperienze simili sul territorio delle valli dell’Avisio sono estemporanee e rare. Si può lavorare per creare servizi alla persona, per garantire stabilità di lavoro ai soggetti svantaggiati inserendosi nel lavoro culturale, della memoria (recuperando così anche la importante storia legata alla ferrovia di Fiemme, la pesantezza dell’errore compiuto nel 1963 quando il servizio è stato soppresso), lavoro che sconfigga la dipendenza dall’alcool e da altre droghe, lavoro che offra protagonismo al mondo femminile.

Così proposta, l’iniziativa non rimane chiusa nelle mura dell’edificio, ma viene portata e diffusa sul territorio e dal territorio dovrebbe trovare ulteriore alimento, ulteriori stimoli per innovare e consolidare imprese responsabili ad alto valore etico rivolte su due percorsi base, l’investimento sociale e l’investimento produttivo, quest’ultimo indirizzato in modo particolare al settore turistico, allo sviluppo sostenibile, alla proposta e valorizzazione di nuove nicchie di mercato.

Il progetto che nasce da Origami, se accettato, verrebbe a spezzare la staticità di un momento museale, superando problemi e costi di gestione ai quali gli enti pubblici comunali non riescono più a dare risposte. Nella stessa azione di recupero della struttura l’associazione ha già chiarito che vorrebbe investire nella bioedilizia, cercando di portare l’edificio ad un consumo energetico più prossimo allo zero possibile, oltre a mantenere le idealità architettoniche di Sottsass.

All’Amministrazione comunale di Predazzo viene offerta una opportunità straordinaria, che la coinvolge con un ruolo di protagonismo attivo.

Nei prossimi mesi vedremo quale sarà la risposta dell’ente pubblico: speriamo di non trovarci ad attendere ancora per degli anni il fluire di un debole confronto su come utilizzare l’ìmmobile e su quale tipologia di museo inserirvi.

La ferrovia, dal 1918 in poi, aveva portato in valle mobilità, confronto, novità.

Era un gioiello che la valle di Fiemme si è lasciata strappare. Oggi, invece di riflettere sulla mobilità di persone e merci del futuro, mentre ci prepariamo ad una nuova stagione di traffico e di turismo caotico, ci si accontenta di fermare la storia e con un certo autocompiacimento guardare a ritroso aiutati da un grazioso plastico della ferrovia, da qualche decina di fotografie e poter affermare soddisfatti: "Quanto era bello il nostro trenino!".

Senza potere e volere vedere altro.