Menù
Home
QT
Questotrentino
Mensile di informazione e approfondimento
Utente
Cerca

Paesaggio trentino trasformato

Da qui dobbiamo ripartire

Elena Leonardi

Difendere il paesaggio dall’erosione. Paesaggio inteso come espressione culturale di un’epoca e come identità di un popolo. Questo il messaggio dell’esposizione fotografica intitolata “Paesaggio Trentino Trasformato”, allestita in piazza Battisti dal 4 al 27 aprile da Italia Nostra per i 50 anni della sezione di Trento.

Arco, complesso residenziale “L’Argentina”. Foto di Paolo Calzà, 2014

49 istantanee, alcune di grande impatto e forza estetica, che documentano la situazione paesaggistica trentina attuale attraverso lo sguardo paterno e preoccupato di sette fotografi.

Paolo Calzà, Piero Cavagna, Giulio Malfer, Floriano Menapace, Matteo Rensi, Paolo Sandri e Gianni Zotta ci invitano a rivedere con attenzione ciò che abbiamo costruito negli anni, spesso spezzando l’incanto del nostro territorio; ma senza preconcetti, perché, come ci conferma Beppo Toffolon, presidente di Italia Nostra, questa mostra non vuol essere un “libro nero” ma uno spunto di riflessione, una spinta per ripartire verso un cammino di ripensamento paesaggistico.

Come nel caso delle foto sui masi di Pimont Alt, un modello antico che oggi, più ancora che anacronistico, ci appare degradato, con una poltrona imbottita sospesa nel nulla su un esile poggiolo, sul quale molto si può discutere: luogo da preservare, monito di un passato non tutto rose e fiori?

La differenza delle interpretazioni ci porta a meditare sugli attuali approcci alla civiltà della sussistenza che abbiamo forse troppo rapidamente superato e rinnegato.

E così siamo tutti invitati a sconvolgerci, indignarci o semplicemente sorprenderci di fronte a immagini particolarmente convincenti di svincoli autostradali origine di cambiamento e di smarrimento, aree di diversità biologica scampate alla massiccia urbanizzazione, Val Genova simbolo di natura incontaminata e finora sopravvissuta, teli antigrandine simili a cerotti sulle nostre colture/culture, e matrimoni tra pezzi di storia e cemento armato come nel caso tormentato dell’ex-Argentina di Arco. A tale proposito scrive Franco de Battaglia nella presentazione della mostra: “Siamo di fronte a paesaggi ‘nuovi’, e vanno capiti, sia che si vogliano ripensare, rifiutare, rottamare, riciclare o armonizzare, se possibile, con le radici originarie”. E ancora: “Ci siamo allontanati velocemente e quasi inavvertitamente da un paesaggio coerentemente strutturato per approdare a un paesaggio in troppe parti informe, illeggibile, inguardabile. Un non-paesaggio prodotto da un’urbanistica cieca ed episodica, da un edilizia incolta e autoreferenziale... Qui siamo arrivati, da qui dobbiamo ripartire”.