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QT n. 9, settembre 2021

“Perfido”, il giorno del giudizio

Contro le triste aspettative in Val di Cembra e anche in parte del tribunale, il giudice accoglie tutte le richieste della Procura.

Si terrà a gennaio il processo sulle infiltrazioni mafiose nel settore del porfido, evidenziate dall'Operazione “Perfido”. Andranno così a giudizio tutti i 18 imputati attualmente in carcere o agli arresti domiciliari.

La decisione della giudice Adriana De Tommaso accoglie la richiesta della Procura: giudizio immediato, saltando il passaggio dal Giudice per le Indagini Preliminari, ed accogliendo tutti i capi di imputazione formulati dalla pubblica accusa. Il giudizio immediato non è prassi comune: viene scelto dal Pubblico Ministero quando ritiene molto solide le ipotesi accusatorie. Una convinzione evidentemente condivisa anche dalla giudice De Tommaso.

Ci preme sottolineare questo passaggio. Il punto è che in val di Cembra, fino dal giorno degli arresti, si va dicendo che “Perfido” è tutta una bufala, gli indagati saranno prestissimo scarcerati, anzi, lo sono già stati, questa sera saranno al bar a offrire da bere a tutti... beh, se non è stasera sarà domani, la prossima settimana, comunque è tutta una montatura destinata a sgonfiarsi. Purtroppo non si tratta solo della zona del porfido, dove l'egemonia del clan Battaglia è palpabile e consolidata, e la solidarietà tra cavatori viene molto prima dell'esigenza di rimettere il settore porfido sui binari del rispetto dei diritti dei lavoratori (uno dei capi di imputazione è la riduzione in schiavitù) e delle corrette relazioni industriali (un'altra imputazione sono le truffe e minacce ai concorrenti). Paradossalmente ma non tanto, la lettura dell'indagine-bufala si è diffusa anche nel Tribunale di Trento, dove il discorso “non è mafia” è condiviso da molti, troppi, anche oltre gli avvocati difensori, che ovviamente fanno il loro mestiere.

Nel numero di maggio attraverso i documenti dell'indagine avevamo contestato (“È proprio mafia”il titolo) questa lettura. E, con maggiore autorità di noi, la ha contestata con atti ufficiali la magistratura, che dal 15 ottobre 2020, data della carcerazione dei presunti ‘ndranghetisti, ha respinto ai vari livelli tutte le istanze contrarie, confermando le detenzioni, con buona pace dei discorsi nei bar di Cembra e nei corridoi del tribunale. E ulteriori conferme sono venute anche da fuori provincia, dalla stessa Calabria. L'operazione “Pedigree 2”, che a Reggio Calabria aveva portato all'arresto di cinque elementi della cosca Serraino (la stessa dei nostri imputati) si era avvalsa anche del lavoro investigativo dei ROS nostrani, e ad essi era stata delegata parte della stessa operazione. Altre porzioni delle investigazioni trentine sono confluite in ulteriori processi calabri: si vuole ancora insistere che non si tratta di mafia?

Il tema ancora aperto è però un altro: quanto profonda nella società è risultata questa infiltrazione. Su questo la stessa Procura non è arrivata a conclusioni: i diciotto rinviati a giudizio rappresentano la parte più evidente dell'iceberg, quella accusata di picchiare, minacciare, schiavizzare, pianificare aggressioni e assassinii. La parte sottostante, gli insospettabili colletti bianchi - imprenditori, politici e figure istituzionali - saranno fuori da questo processo. Su di loro si sta ancora indagando.

Solo quando si affronterà anche questo versante, più scivoloso, della presenza criminale organizzata, potremo dire di averne un quadro più chiaro.