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QT n. 3, 7 febbraio 1998 Servizi

Lo stesso impegno e un po’ di sangue in meno

I programmi di Paolo Ghezzi, nuovo direttore de L'Adige.

E' Paolo Ghezzi il nuovo direttore de L'Adige. Quarant'anni, intellettuale attivo nel campo dei cattolici democratici (la rivista Il margine e l'associazione La rosa bianca), dal punto di vista giornalistico si è fatto le ossa nell'Alto Adige. Nella cui redazione era diventato un punto di riferimento, nel bene e anche nel male (le contrapposizioni tra opposte fazioni che hanno segnato per un certo periodo la vita interna del giornale di piazza Lodron). Con l'avvento all’Alto Adige della direzione Barbieri, dura, autoritaria, dalla linea politica non chiara ma sicuramente lontana dalle sensibilità di Ghezzi, per questi gli spazi si erano chiusi. Di qui il suo passaggio, alcuni mesi or sono, al concorrente Adige; dove l'editore probabilmente stava già cercando possibili successori al direttore Visetti, che riteneva di chiudere la propria esperienza in via Missioni Africane.

Proprio da L'Adige di Visetti, che ha registrato notevoli successi (primo di tutti il sorpasso dell'Alto Adige), parte il nostro colloquio con Ghezzi.

Squadra che vince non si cambia, d'accordo; ma un direttore porta sempre una propria impronta. Cosa cambierai de L'Adige di Visetti?

"L'Adige è un giornale bello, forte e autorevole; per merito di Visetti e di Sandro Moser che l'ha affiancato. Ora sarebbe sciocco da parte mia voler rivoluzionare una formula che non solo è stata premiata dai lettori, con l'incremento della diffusione, ma che soprattutto si è imposta come luogo di dibattito e di confronto di idee direi adatto livello. In un certo modo L'Adige ha fatto supplenza dei vuoti della politica e della riflessione sulla situazione della nostra provincia; e in questo senso la presenza di certe firme, su cui alcuni hanno ironizzato, parlando di "giornale dei professori", è stata viceversa la grande intuizione di Visetti. Non credo che per questo sia diventato un giornale-partito tipo La Repubblica degli anni ruggenti, però è un giornale di idee e di progetto. E quindi mi propongo di cambiare il meno possibile..."

Comunque detto questo...

"Sì; detto questo, credo che dovremo concentrarci di più su quello che sta dentro la cornice istituzionale; quindi più attenzione alla vita quotidiana della gente - senza demagogie - ai problemi del vivere civile, che a volte possono essere stati parzialmente trascurati per una concentrazione per altro doverosa sul Palazzo."

E quindi?

"Un 'ulteriore diversificazione degli interventi di commento esterni, per dare voce a diversi mondi politico-culturali e sensibilità; anche se per quanto mi riguarda vedo con favore l'esperienza del governo Prodi e quello che si muove nell'area del centro-sinistra, non possiamo essere il giornale dell'Ulivo, soprattutto in un anno elettorale. Questo significa che dobbiamo dare spazio a altre aree..."

Vuoi dire che vedremo editoriali di Taverna, di Divina...?

"Non parlo di editoriali; ma il giornale potrà dare spazio anche a loro, come agli altri esponenti politici, sotto uno spazio da inventare, che può essere in prima pagina, ma contraddistìnto dal fatto di essere una tribuna di interventi esterni, che non impegnano la linea del giornale."

La linea del giornale: puoi indicarne gli elementi di fondo?

"Riprendo dal testo del mio discorso alla redazione: 'Una concezione del giornale come strumento di partecipazione popolare alle scelte collettive, di allargamento del confronto democratico, di stimolo a un processo riformista di stampo europeistico, di battaglia civile nei confronti di ogni tendenza restauratrice, miope, angusta, provincialistica, etno-razzistica.".

Sono parole molto nette, che forse non implicano un giornale di battaglia, ma senza dubbio che conduce battaglie, e anche con una certa asprezza...

"Sì, non per partito preso contro alcune forze poltiche, ma laddove qualsiasi forza politica facesse - a parere mio e della redazione - scelte contrarie alla linea di cui sopra. Esemplifico: se uomini del Pds dovessero propugnare delle scelte di sviluppo turistico a nostro parere dirompenti sul fronte ambientale, il Pds sarebbe criticato esattamente come io personalmente ho criticato l'assessore Moser in prima pagina."

L'esempio è quanto mai attuale. Approfondiamo il discorso: L'Adige con Visetti qualche tempo fa ha condotto una campagna-stampa a favore della riforma elettorale, sollecitando adesioni tra le associazioni, raccogliendo firme ecc... Poi però, con lo scorrere dei mesi non mi sembra che il giornale l'abbia fatta seguire da prese di posizione altrettanto decise.

"Quella campagna è giusto averla fatta. Di fronte però alla realistica impossibilità, con questo Consiglio provinciale, di portare a casa la riforma, ci si è dovuti arrendere."

C'è un altro aspetto. Di campagne-stampa del genere è piena la storia del giornalismo; purtuttavia non è uno strumento usuale, configura qualcosa come un'invasione nel campo della politica. Ritieni che sotto la tua direzione potranno esserci analoghe iniziative?

"Se ci fosse un tema di così grande importanza, in cui una tale campagna possa essere decisiva, sarà giusto farla. Per esempio, se il prossimo Consiglio provinciale intendesse promulgare delle leggi di chiusura etnica del Trentino, questo sarebbe un argomento da campagna civile; e per quanto mi riguarda, sarebbe un tema più appassionante dei temi di ingegneria istituzionale."

Il tuo percorso di intellettuale impegnato indica una tua precisa collocazione. Come hai intenzione di rapportarla con il ruolo di direttore?

"La mia storia personale appartiene a un filone di cattolicesimo democratico progressista, ma non ho mai avuto appartenenze partitiche; vorrei precisare che nella mia vita di elettore ho votato almeno otto simboli diversi. Il fatto poi che alcuni amici del gruppo del Margine abbiano fatto delle scelte politiche in prevalenza nella Rete, non ha interrotto il mio rapporto di amicizia con loro; ma non mi condizionerà in alcun modo."

A mio avviso la stampa trentina si è in questi anni resa abbastanza indipendente dal potere politico, che critica anche con cattiveria. Non così da altri poteri, forse oggi più forti, come il mondo economico o la Chiesa, che vengono sempre trattati con acriticità ed ossequio.

"Mi sembra giusto avere rispetto nei confronti di un'istituzione come la Chiesa, che è anche una realtà viva, e che gode della fiducia di una parte rilevante della popolazione. Questo non significa autocensura se notassimo da parte della Chiesa invasioni di campo o interventi che possano dare adito a giochi di sponda con il mondo politico.

Per quanto riguarda le istituzioni economiche, anche qui credo ci voglia un atteggiamento di attenzione, se non altro perché la provincia di Trento soffre di una evidente insufficienza di iniziative imprenditoriali non robustamente sostenute dai soldi pubblici. Laddove potere economico e istituzioni politiche si intreciano, vorrei che i miei giornalisti esercitassero la stessa libertà di critica che hanno nei confronti del mondo politico."

Negli anni passati i quotidiani, in particolare l’Alto Adige, hanno spesso giocato a fare i "King makers", a creare cioè dei personaggi, gonfiarne l'immagine, osannarli come leader dalle eccelse capacità, per poi magari vederli precipitare: basti citare Mengoni e Malossini, in un certo senso, anche Robol... E ora entrambi i quotidiani sembrano impegnati in una acritica esaltazione dell'ultimo sommo leader, Lorenzo Dellai. Nel recente dibattito pubblico con Durnwalder, c'è stata una coralità di interventi da parte del centro-sinistra, con Alessandrini, Passerini, Ballardini che hanno sviluppato argomentazioni di grande interesse, pari almeno a quelle di Dellai; eppure sulla stampa è apparsa come la serata del grande Dellai. Tutto questo non è sbagliato?

"Credo che con Dellai spesso si sfiorì l'agiografia. Dovuta anche al fatto che il sindaco ha vinto massicciamente, al primo turno, le elezioni, evidenziando un consenso forte. Dellai è indubbiamente una persona intelligente che, nella attuale situazione, può permettersi di giocare un ruolo extra comunale. Il che è legittimo; ma quando si tende a presentarlo come l'unico leader, il salvatore della patria, si sbaglia. E se lo abbiamo fatto anche noi, anche noi abbiamo sbagliato."

Nella rubrica "Sfogliando s'impara" abbiamo più volte criticato il tono urlato, con cui talora L'Adige fa informazione, soprattutto nei fatti di cronaca nera. "Un'Adige rosso sangue" - abbiamo titolato di recente. Cosa ne pensi?

"I fatti di cronaca nera inducono generalmente un aumento di vendite nelle zone interessate dal fatto. E' un meccanismo di mercato che può anche non piacermi, ma di cui devo tenere conto perché il nostro compito è quello di farci leggere anche per un 'esigenza di economicità di gestione che è condizione di libertà. Tutto dipende da come viene scritta la cronaca nera: su questo una riflessione autocritica è necessaria perché in alcuni episodi anche recenti - e che appunto QT ha segnalato - si è andati oltre il limite del buon gusto e soprattutto del rispetto per le persone coinvolte. Si parla molto dei soggetti deboli da tutelare nell'informazione; ritengo che ciascuno di noi sia un soggetto debole quando è oggetto di cronaca: e quindi il rispetto per la dignità della persona diventa in questo caso un imperativo."