Menù
Home
QT
Questotrentino
Mensile di informazione e approfondimento
Utente
Cerca

Don Marcello, il vescovo, i giornali

l "caso" don Farina: vissuto con grande intensità da una parte di fedeli, minimizzato - al di là del verosimile - dalla Curia. E c'è chi pone il problema: il vescovo Bressan ha una qualche "linea" pastorale?

"Una tempesta in un bicchier d’acqua", come leggiamo in una delle poche lettere ai giornali che non solidarizzano con don Marcello Farina? "Un ‘caso’ forzato", come titola Vita Trentina? "Un problema… ingigantito in maniera spropositata", come dichiara mons. Umberto Giacometti, direttore dell’Arcivescovile e membro onorario del Capitolo del Duomo?

Don Marcello Farina, predicatore di successo ma sgradito, autoesiliatosi in periferia.

In questa sede non vogliamo entrare nel merito della vicenda che ha portato al volontario allontanamento di don Marcello dalla messa serale in Duomo: su questo ci proponiamo di ritornare con calma nel prossimo numero. Vogliamo qui affrontare la storia sul piano della comunicazione, considerando le reazioni di alcuni autorevoli rappresentanti della Chiesa trentina alla comparsa sui giornali della notizia.

Si è fatto del sensazionalismo gratuito, magari al servizio di qualche obiettivo non dichiarato?

Difficile sostenerlo, almeno se facciamo un paragone con tante altre vicende che di sicuro non presentavano la stessa valenza di interesse pubblico. Don Marcello Farina, per intenderci, ci sembra un po’ più significativo di quel Jo Melanzana che, con le sue imprese boccaccesche, occupò qualche tempo fa sui nostri quotidiani più o meno lo stesso spazio.

Che la storia sia sentita da una larga fetta della pubblica opinione lo dimostra il gran numero di lettere appassionate pervenute ad Adige e Alto Adige. Qualche esempio?

"Ti ricordiamo come insostituibile maestro che ha illuminato le nostre menti, predisponendole al dialogo ed alla critica positiva nel lungo e difficile cammino verso la verità".

"Noi ti seguiremo a Gardolo e altrove. Non come i fans con i loro idoli, ma come tutte le donne e gli uomini di buona volontà che hanno voglia di approfondire seriamente la loro esperienza religiosa".

"Il duomo senza di lei è una chiesa come le altre".

"Caro Don Marcello, i grandi soloni che stanno disquisendo se i tuoi percorsi culturali "confinano o sconfinano nell’eresia" queste cose non le sanno e, forse, non le capiranno mai se non sanno più amare… L’unico pensiero che mi dà un po’ di conforto è la certezza che anche loro, un giorno, dovranno trovarsi a dover rendere conto di cosa hanno fatto dei loro talenti".

In Curia, se non altro ammaestrati dal "caso Cristelli" (con tutte le differenze del caso: qui non si è avuta alcuna misura repressiva), non potevano ignorare che i fedeli si sarebbero sentiti quanto meno "turbati" quando fosse emerso che don Farina era oggetto di una guerriglia sotterranea all’interno stesso della Chiesa. E comunque era in atto un dissidio di non poco conto che sarebbe stato bene non lasciar marcire.

E qui veniamo a parlare del vescovo, che secondo taluni sarebbe stato ingiustificatamente coinvolto nella vicenda. Ma il mancato intervento di mons. Bressan in una situazione conflittuale di cui non poteva non essere a conoscenza costringe inevitabilmente ad allargare il discorso alla "linea pastorale" del vescovo. A proposito della quale tutti concordano nel descrivere la "fenomenologia": un vescovo sempre presente nelle occasioni ufficiali più diverse, che compare frequentemente sui giornali e in televisione, ma del quale ancora non si capisce cosa intenda fare.

E’ sull’interpretazione di questo atteggiamento che i pareri divergono. L’on. Renzo Gubert approva: "Chi si aspettava una linea precisa da parte del nuovo vescovo, o conservatrice o progressista, non l’ha trovata. E credo sia giusto così… Il vescovo ha passato anni nella diplomazia. Lo stile è quello". E così pure il prof. Luigi Tomasi, docente di Sociologia delle religioni: "Se non ha ancora preso in mano le redini è perché attende, ha deciso di muoversi in maniera graduale… E’ anche giusto che sia presente: la scelta di farsi conoscere, di aver in qualche modo un rapporto con la gente, non è dettata dal presenzialismo ma è un segnale di grande modernità".

Mentre qualche preoccupazione sembrano nutrire don Vittorio Cristelli ("C’è da sperare che la fine del Giubileo, che può aver assorbito il vescovo in modo particolare, possa vedere un risveglio della Chiesa. Oggi c’è grande attesa di progettazione nuova") e Pier Giorgio Rauzi, altro docente di Sociologia particolarmente attento alle vicende della Chiesa trentina: "Non lo si è sentito prendere posizioni dure, o severe, o contestabili. Lo si è visto invece molto ad incontri, in tv, sui giornali. E questo lo rende simpatico. Chi invece si attendeva scelte precise e corpose per la Chiesa trentina, è andato un po’ deluso…. Per la preoccupazione di non sbagliare mossa, non si muove. Questo comincia a rendere inquieti molti dei preti… e molti laici impegnati nella Chiesa che si aspettavano gesti di riorganizzazione pastorale della diocesi che non sono venuti. Se di Sartori i preti avevano timore, di Bressan hanno aspettative. Ma queste non possono essere infinite".

Per finire, ancora tratti dalle lettere ai giornali, ecco due esempi che, per quanto possano apparire sopra le righe, dovrebbero comunque suggerire che di fronte a certe situazioni difficili il silenzio e l’inazione non sono la scelta più indovinata:

"Sono profondamente disgustata e indignata per quanto successo a don Marcello".

"Mons. Bressan, ci hai tradito!… Non ti sentiamo nostra guida spirituale".

Quello che più sconcerta nelle reazioni del mondo cattolico "ufficiale" riguarda però un terzo aspetto: le ragioni per le quali don Farina se n’è andato. Nella lettera da lui indirizzata al parroco del Duomo, pubblicata su Vita Trentina e sintetizzata sui giornali, tali motivazioni, molto esplicite, sono di due tipi: "Sento… la necessità di aggiornare e di approfondire l’annuncio della Parola" - spiega dapprima il sacerdote, accennando al rischio che la sua attività di predicazione, che andava avanti da sei anni, diventasse un tran tran ripetitivo. Ma subito dopo queste "innocue" motivazioni, eccone altre ben più tangibili: "Tu sai anche, però, - prosegue la lettera - che il clima di accoglienza in sacristia non è mutato e che si continua a dire falsità con grave pregiudizio nei miei confronti (dopo sei anni non ho mai avuto un ‘posto’ stabile per il servizio liturgico!). E tra gli stessi canonici c’è chi continua ad affermare che alla domenica sera in Duomo c’è sempre il ‘controquaresimale’. Se in altri tempi queste calunnie non mi facevano né caldo né freddo, a lungo andare, con il clima generale della diocesi mutato, mi fanno pensare: ma chi me lo fa fare di continuare un impegno così gravoso e intenso, che mi spreme in profondità tempo ed energia?"

Ragioni non solo più concrete, ma anche più credibili, visto che don Farina non si ritira nel deserto, ma continua quella stessa attività a qualche chilometro di distanza, e in larga misura con il medesimo uditorio.

Come abbiamo premesso, non vogliamo qui entrare nel merito, per dire se don Marcello aveva o no ragione nel sentirsi perseguitato, se si sia comportato o meno da primadonna, se il suo contributo di intellettuale cattolico sia trascurato dalla Curia. Ma di fronte a quelle spiegazioni, è singolare che il vescovo replichi: "Mi pare che questa vicenda sia stata montata: don Farina ha deciso di non continuare la collaborazione… è una cosa normale". Ed è stupefacente che Vita Trentina, con una trasparenza che si arresta al 50%, pubblichi l’imbarazzante lettera di Farina, introducendola però con queste parole: "Al quotidiano L’Adige è bastato che un ‘predicatore scomodo’ cambiasse pulpito domenicale per imbastire un ‘caso’ diocesano, fino a ‘scottare’ lo stesso vescovo Bressan, avviando forzatamente un dibattito (del tutto fuori luogo, visti i termini della questione) sulla sua linea pastorale".

No, il dibattito non è fuori luogo: qui non siamo semplicemente di fronte a dei dispetti da sacrestia, ma anche a delle accuse di natura dottrinaria (i presunti "controquaresimali"), nei cui confronti ci aspetteremmo che un vescovo prenda posizione, anche se non pubblicamente.

"Per quanto riguarda i sacerdoti, non parlo attraverso la stampa"- ha dichiarato mons. Bressan, e questo è comprensibile (almeno finché non ci troviamo di fronte a un sacerdote - come il parroco di Fierozzo - che nelle sue omelie fa l’apologia della pena di morte).

Ma da qui a negare l’evidenza dei fatti ce ne corre.