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QT n. 16, 27 settembre 2003 Servizi

Fernanda Pivano e “Pianeta fresco”

Aseguito di una fortunata occasione di colloquio con Fernanda Pivano, autorità indiscussa nel campo della letteratura americana fin dagli anni Cinquanta (a lei dobbiamo la conoscenza di autori come Burroughs, Ginsberg, Kerouac, Ferlinghetti, Bukowski…), abbiamo pensato, in quest’ultima uscita sulle le riviste underground italiane, d’inserire un breve approfondimento sul suo Pianeta Fresco, tra i più bei prodotti editoriali alternativi degli anni Sessanta.

Fernanda Pivano.

Pianeta Fresco, due soli numeri editi dalla libreria Hellas di Torino tra 1967 e 1968, è senza dubbio un tentativo unico di collegare l’alto e basso del panorama alternativo internazionale, e cioè il mondo degli intellettuali con quello dei giovani alternativi, fragili e vagabondi.

Considerato uno dei più bei prodotti della neo-avanguardia italiana, i nomi di artisti e scrittori che presero parte al progetto sono senz’altro di prim’ordine: Ginsberg, Sottsass, Leary, Ferlinghetti, Burroghs, Paul McCartney, Pistoletto, Crippa. Arti, visioni, immaginario, esperienze, filosofia, resoconti di viaggio (nel secondo numero si parla di un cheap travel tra Afghanistan e Pakistan, più avventuroso di un Salgari, più on the road di un Kerouac) e molto altro ancora.

Ecco ciò che ci ha detto a questo proposito Fernanda Pivano.

Può raccontarmi come nacque Pianeta Fresco e quali furono le reazioni alla sua uscita?

"Al tempo, siamo nella metà degli anni Sessanta, avevo molti amici negli Stati Uniti; avevo quindi la possibilità di vedere direttamente i risultati d’avanguardia dell’underground press, come il San Francisco Oracle, ma anche come il londinese Oz. Io ed alcuni amici, in particolare Ettore Sottsass ed Allen Ginsberg, decidemmo quindi di dar vita anche in Italia ad un progetto simile, traducendo articoli comparsi sulle pubblicazioni USA ed affiancandoli con una serie di contributi originali appositamente realizzati da autori indipendenti dalle grandi case editrici.

La reazione in Italia non fu decisamente positiva. Certo, il primo numero andò subito esaurito, essendo la tiratura di sole 275 copie, ed anche il secondo (ed ultimo) numero si esaurì in breve tempo. Ma nella critica ufficiale, conservatrice e bigotta, Pianeta Fresco suscitò solo indignazione e disprezzo. Il rifiuto fu completo: chi vi scriveva veniva considerato un drogato, un allucinato, un delinquente… insomma, un giudizio in linea con quello che accoglieva gli autori che già da anni stavo ‘importando’ in Italia traducendoli dall’inglese".

Una delle cose che più colpisce sfogliando le pagine di Pianeta Fresco è la grafica, acida e curatissima…

"In effetti la grafica, come l’innovazione tipografica, erano veramente fantastiche… in linea con quella beat delle riviste dell’UPS (Underground Press Syndicate) del quale faceva parte. Autori ne furono Ettore Sottsass ed alcuni dei suoi amici, rimasti anonimi".

Quali erano i temi più sentiti dai partecipanti al progetto di Pianeta Fresco?

"Quelli legati al vento nuovo portato in quegli anni: i diritti civili, l’amore nella sua accezione più ampia, la non violenza, il disarmo, la liberazione, l’esperienza, il viaggio… insomma, la libertà."

Pablo Echaurren, nel suo testo sull’underground in Italia, ha affermato che per lei la stagione di Pianeta Fresco, nonostante i due soli numeri usciti, non è mai finita, perché le proposte di decondizionamento e comunicazione in esso affermate sono sempre valide. Ancora oggi, nella guerra permanente di Bush e nel collasso ecologico del pianeta, niente affatto fresco?

"Certamente, ancor più oggi sono valide e meritevoli. La libertà e la non violenza in particolare sono idee sempreverdi, che occorre ribadire in ogni occasione. Ed è quello che ho affermato da poco nella prefazione alla terza edizione del mio C’era una volta un beat…".