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QT n. 21, 11 dicembre 2004 Monitor

Mummenschanz: “Next”

Spettacolo indimenticabile, di una compagnia che usa maschere da chirurgia plastica per dilatare la fantasia.

Negli ultimi anni, "Altro Teatro" ha ospitato molte performance tra le più interessanti della Stagione: "Excentricus", "Ristorante immortale", "Le cirque invisible"… Fa piacere che "Mummenschanz Next" confermi tale tendenza e l’impegno del Centro S. Chiara ad offrire un’opera d’alta qualità, seppure - in questo caso - inspiegabilmente al di fuori di "Teatro Ragazzi". Ci pare d’obbligo introdurre la compagnia, per capirne il formidabile lavoro portato avanti con passione e tenacia. Il Mummenschanz nasce nel ’72 da un progetto di Floriana Frassetto, Bernie Schürch e Andres Bossard. Stando a un qualunque dizionario, il nome significa "mascherata", ma i tre artisti danno un’altra spiegazione. La Mummenschanz, infatti, è la maschera che indossavano nel Medioevo i mercenari svizzeri quando giocavano a carte, per impedire che una smorfia li tradisse; semplificando, come preferisce Floriana, simboleggia un "gioco di possibilità". La sfida è raccontare una "storia" - se così si può chiamare - lungo il filo delle immagini, senza musica né parole. La continua metamorfosi di forme e colori evoca tutto: cubi, sfere, bocche, occhi, arti, animali, persone… ogni piega delle maschere dà vita a nuove espressioni e creature, persino a nuove scene.

Con la morte per Aids di Bossard, nel ’93, la Mummenschanz rischia il naufragio; ma presto s’arricchisce di freschi componenti: Raffaella Mattioli e John Charles Murphy. The show must go on, e le produzioni si susseguono fino all’ultima: "Next". Qui ammiriamo tutte le fasi e buona parte delle invenzioni realizzate in un vero e proprio laboratorio di chirurgia plastica. I materiali, molto vari, hanno almeno tre caratteristiche comuni: sono leggeri, sottili, "destrutturati"; e, aggiungiamo, acquistati in negozi specializzati, oltre che fragili o ingombranti per il trasporto. Alcune maschere nascondono solo un lato del corpo; altre lo rivestono interamente, inghiottendolo. Quella "a taccuino" si sfoglia cambiando volto; la "pizza" - la più difficile da maneggiare - appiattisce gli attori quasi fossero a due dimensioni, mentre il "blob" li gonfia in masse gelatinose; la "testa-oggetto" si snoda in profili infiniti con pochi movimenti delle mani; fulmini e scintille sono in realtà nastri luccicanti. Bastano quattro persone, un po’ di plastica, gommapiuma, cartone ed altri materiali a base di polistirene, per creare la magia ad ogni movimento. Un ambiente acquatico si trasforma nella finestra con davanzale di un palazzo invisibile, e spesso è difficile capire quale parte del corpo animi la maschera. L’uso sapiente dei riflettori completa l’illusione, complice il nero delle calzamaglie che assorbe qualsiasi fascio di luce.

Uno spettacolo indimenticabile, che schiude il potere della fantasia anche agli adulti che sembrano averlo dimenticato.

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