Menù
Home
QT
Questotrentino
Mensile di informazione e approfondimento
Utente
Cerca
QT n. 21, 7 dicembre 2002 Cover story

La crisi della sinistra

Il cul de sac della sinistra trentina: hanno programmi convincenti, ma al goveno non li realizzano, di Dellai in privato danno un giudizio disincantato, ma in pubblico farfugliano “che governa bene”. Queste sarebbero le vere questioni: ma per non affrontarle continuano a disquisire di formule, federazioni, liste uniche, case comuni... E rischiano di disperdere una preziosa cultura del programma.

Era proprio piena la sala della Cooperazione il giorno dell’Assemblea dei Ds: piena la platea, piena la galleria, la gente si affollava nell’atrio fino a riempire anche quello. E tutto questo per sentire Piero Fassino, che di carisma ne ha proprio poco. Erano quindi soddisfatti i diessini, e a ragione.

La memoria ricorreva a un altro appuntamento con la sala colma, quando a Trento era calato Berlusconi: anche allora tanta gente, ma forse un po’ di meno. In compenso un’adesione più entusiastica, fideista: Berlusconi si trovava di fronte degli adepti, Fassino degli iscritti e simpatizzanti, positivamente disposti, ma non a tutto ("Adesso te ne accorgi?" "Proprio tu lo dici?" - sibilano in platea quando il segretario/ex-ministro parla di giustizia o di conflitto d’interessi).

Proprio per questo il successo della giornata colpisce: c’è gente smagata che torna a farsi viva, ci sono anche alcuni giovani (non come con i new-global o ai girotondi, ma quel che conta è l’inversione di tendenza), c’è un interesse nuovo per un partito da tempo dato in crisi.

Fassino fa un bel discorso quando analizza le ragioni di fondo della destra (la programmata riduzione della dimensione pubblica nella società) e le conseguenti cause della sua crisi attuale (il parallelo evidenziarsi della necessità di interventi pubblici in settori sempre più vitali, formazione, ricerca, infrastrutture). Di qui la difficoltà del centro-destra ad essere in sintonia con i tempi attuali, pesantemente aggravata dalle promesse-boomerang (in primis la detassazione) e dal peso degli interessi privati del premier.

Fassino è convincente nell’inquadrare l’ansimante azione del governo nel più generale contesto storico ("Un buon discorso sui fondamentali della social-democrazia" - commenta, con un velo di sufficienza, Walter Micheli di Costruire Comunità). Ma evita come la peste tutti i temi che chiamano in causa la sinistra, le sue responsabilità e ingessature: dalla politica internazionale al mancato ricambio della burocracsia testè sconfitta.

"Gli elettori del centro-destra sono disorientati - afferma - non si fidano più di Berlusconi, ma non ancora di noi. Questo è il problema." Appunto. E il suo discorso contribuisce a rimotivare l’elettore di sinistra; non sposta mezzo voto dall’altra parte. Il centro-sinistra è in evidente rimonta; ma soprattutto per i demeriti altrui.

Poi Fassino passa a parlare della situazione locale. E si vede subito l’impreparazione: benedice il segretario Mauro Bondi che in realtà non riesce a governare né il partito né la rappresentanza in Giunta, plaude al presidente Dellai ("Ha governato bene"), si inventa perfino un "lavoro importante e decisivo svolto dalla presidente Cogo e dalla vicepresidente Chiodi in Regione, che non è stata svuotata di competenze, ma anzi rafforzata in un ruolo…" dove non si capisce se prevalga la sua dabbenaggine o la faccia tosta dei suoi (dis)informatori locali.

Il discorso di Fassino in realtà rispecchia quello di Bondi; e tutti e due descrivono il vicolo cieco in cui si è ficcata la sinistra trentina.

Il segretario trentino Mauro Bondi infatti risulta (in astratto) convincente quando parla del programma per le elezioni del 2003: le linee per la modernizzazione del Trentino (qualità, istruzione, ricerca, sviluppo compatibile, welfare, riforme istituzionali) formano un coerente pacchetto di idee. Sono cose non nuovissime, che Bondi sa però presentare bene (su questo punto, e su altri peraltro, chi scrive si trova in disaccordo con l’editoriale di Renato Ballardini a pag. 5). Il punto è che queste sono le linee programmatiche della scorsa campagna elettorale, che è stata vinta: il centro-sinistra al governo, quanto di questo ha attuato?

Qui sta il punto, sul quale tutti i dirigenti della sinistra incespicano. O giocano alle tre carte, come il sindaco Pacher e il vicepresidente Pinter, che presentano come risultati di legislatura la variante al Pup e la riforma istituzionale, ben sapendo che non sono state approvate e mai lo saranno, per l’ostilità della Margherita sia alle regole urbanistiche come alla soppressione dei Comprensori (inefficienti, ma utili centri di potere locale) o all’autonomia dei Comuni (meglio coltivabili attraverso i rapporti diretti assessore-sindaci).

Insomma, rispetto al bel programma elettorale la giunta Dellai ha realizzato ad abundantiam gli investimenti in strade, ha proseguito nei lodevoli finanziamenti in cultura, università e ricerca; ma poi basta. Ha perseguito invece un proprio programma di coltivazione delle clientele, di occupazione prima e foraggiamento poi di carrozzoni parapubblici (vedi scheda nella prossima pagina). Programma che prende come riferimento e consolida il tradizionale Trentino doroteo, il Trentino assistito di ieri, oggi drammaticamente inadeguato rispetto a uno scenario fatto di competizione (per lo meno) europea e restrizione delle risorse. E in questo contesto, non basta certo che assessori come Pinter e Andreolli abbiano trattato felicemente alcuni singoli temi (come quello delle acque; o degli infortuni sul lavoro).

Eppure Bondi, come Fassino, ripete: "Dellai ha governato bene. Per quello che ha fatto, ha tutti i numeri per essere il leader anche per la prossima legislatura".

Una posizione che ci sembra disperata, da forza politica ridotta in un angolo. Si presenta un programma che è antitetico alla prassi dell’alleato. E si dice che l’alleato fa bene, che ha ragione lui.

In pratica ci si rassegna all’impotenza. Si proclama la propria inutilità.

Abbiamo posto questi interrogativi ai massimi esponenti dei Ds, iniziando dal segretario Mauro Bondi, che sulla Jumela si era opposto duramente a Dellai, per venire poi a miti consigli dopo che i maggiorenti del suo partito (sindaco Pacher in testa) gli si erano ribellati, timorosi di mettere a repentaglio le proprie seggiole in uno scontro con la Margherita. All’assemblea diessina Bondi ha teorizzato il proprio cedimento: "Ho superato la fase della contrapposizione con Dellai. Perché ho visto che non è così che si vince."

Sarà. Di sicuro non si capisce dove vada un partito che proclama una linea, e poi si appiattisce su una pratica di governo opposta.

Il segretario provinciale dei Ds Mauro Bondi.

"Alcuni risultati positivi, sia pur minimi, questa Giunta li ha conseguiti - ci risponde Bondi - Ma la democrazia non si valuta solo dai risultati, ma per come affronti i problemi. E questa Giunta li ha affrontati con l’ottica giusta. Anche il peggior Dellai è sempre meglio del miglior candidato del centro-destra, che porterebbe qui la cultura della Cirami, degli abusi edilizi, dell’intolleranza".

Ma a questo punto, il vostro bel programma è irrilevante…

"Noi dobbiamo vincere per fermare i barbari; ma non ci accontentiamo di questo. Le cose positive ci sono state: ricerca, università, la variante al Pup…"

… che non si farà. E non a caso, ma perché è contraria alla visione della politica e del territorio dell’assessore Grisenti, cioè della Margherita.

"Quello che non abbiamo fatto in questa legislatura, lo faremo nella prossima. Se gli elettori ci voteranno. E quindi se avremo favorevoli rapporti di forza nella coalizione."

Lei pensa di avere più forza rispetto alla coppia Dellai-Grisenti?

"Lo spero. Spero di convincere gli elettori; che il popolo trentino condivida più le nostre ragioni che non quelle della Margherita. Le quali, intendiamoci, esistono, e consistono nella capacità di affrontare i problemi dell’oggi; mentre noi guardiamo al futuro. E una coalizione vince se c’è sia chi governa il presente, sia chi disegna il futuro."

Le contraddizioni di Bondi, tra il sostenere una cosa e l’essere costretto ad approvarne altre, non riguardano il deputato diessino Luigi Olivieri. Il quale ha condiviso, anzi fatte proprie tutta una serie di contestatissime iniziative di Dellai: dalla Jumela alla PiRuBi. Fino ad ipotizzare che anche la sinistra facesse una sorta di "Margherita rosa". E a questo punto, coerentemente, afferma che, poche storie, Dellai è il candidato della coalizione, riconosciamolo e basta.

Nasce però un problema: a questo punto, a che servono i Ds, cosa giustifica la sinistra? Il volere l’abolizione dei comprensori? Un po’ poco…

"Anche se sui grandi obiettivi c’è condivisione (altrimenti non si capirebbe il senso di un’alleanza); l’elemento di differenziazione c’è, ancor più con la Margherita trentina che non con la Margherita nazionale. Infatti mentre quest’ultima è un insieme di culture, tra cui spicca quella cattolico-democratica, il partito di Dellai si caratterizza per la forte territorializzazione. Il che è la sua forza, ma anche la sua debolezza: perché lo porta ad essere somma di esigenze, ed anche egoismi, particolari".

Poi però quando si arriva al concreto, lei con questi egoismi territoriali si trova d’accordo, anzi sostiene che la sinistra dovrebbe esserne lei la rappresentante.

"No, il mio sostegno al collegamento Pinzolo-Campiglio parte esclusivamente da motivazioni di merito. Il fatto è che esiste uno spazio politico enorme rispetto alla Casa dei Trentini…"

Come? Se invece appare sempre un suo appiattimento sulla creatura di Dellai?

"Non è così. Io mi batto perché i riformisti siano portatori di una visione complessiva, politica. A cominciare dal discorso istituzionale (la riforma della Regione, che è sparita), alla riforma della Pubblica amministrazione: da anni non se ne fa nulla, eppure sarebbe assolutamente essenziale in un periodo di contrazione delle risorse".

Qui arriviamo agli sprechi, e quindi alle collusioni con i poteri forti e la gestione dei carrozzoni parapubblici. Temi su cui voi non dite assolutamente nulla, immagino per non turbare i rapporti con il potente alleato.

"Lei è provocatorio - lo dico con simpatia. In ogni modo è chiaro che la contrazione delle risorse imporrà delle scelte: occorre riportare su un giusto piano da una parte le esigenze collettive, dall’altra quelle di soggetti che del sostegno della politica possono fare a meno".

Poniamo le stesse questioni all’onorevole Giorgio Tonini, anch’egli dei Democratici di Sinistra.

"Noi non abbiamo alternative a questo quadro politico - esordisce - Ma la mia non è solo rassegnazione. C’è anche la constatazione, in positivo, di come sia stato merito di Dellai se il Trentino è stato una delle poche aree del nord non governate dalla destra: perché lui ha saputo porsi come erede di un cattolicesimo democratico in Trentino molto forte, che non è mai stato di destra, nemmeno ai tempi del fascismo. Però, se è vero che in Trentino i serbatoi bianchi non si sono riversati nella Lega o in Forza Italia, è altrettanto vero che tra il centrismo e la sinistra esistono distanze culturali di cui bisogna tener conto. E che hanno portato alle difficoltà nella collaborazione tra Ds e Margherita."

L'on. Giorgio Tonini, dei Ds.

Non mi sembra che i contrasti siano sorti attorno a differenze culturali, bensì per motivi terra terra; in una parola, per le pratiche clentelari.

"Certo: la Margherita ritiene la politica improntata d una rete di rapporti personali. E questo è un dato con cui fare i conti. E’ vero che i risultati di questi anni sono modesti; ma il problema non è Dellai, siamo noi, che dobbiamo riuscire a collaborare in modo leale (cioè senza minacciare di uscire) ma paritario (cioè senza dire di sì a tutto) e costruttivo (in maniera da arrivare a una sintesi positiva). Quindi la questione vera è nostra: si tratta di selezionare delle persone affiatate, capaci di dialogare e di fare sintesi".

Missione impossibile? Non è che lei cerca dei Superman della politica?

"Non so. So che di questo dovremo parlare, invece che dei contenitori. La nostra prova di governo appare insoddisfacente perché non abbiamo portato avanti la nostra agenda, ma solo tentato di opporci a Dellai…"

Beh, i tentativi di portare avanti riforme ci sono stati: ma dal Pup a quella istituzionale si sono arenate…

"Giusto. E perché?"

Perché insidiavano l’essenza della politica della Margherita.

"Forse. Di sicuro non c’è stata la piena condivisione della sinistra; che anzi, le ha viste come la mania di alcuni. Il fatto è che dall’altra parte Dellai è riuscito a costruire un partito nazional-popolare (non a caso si chiama Casa dei Trentini) che blocca il centro-destra, ma ha le sue richieste ed esigenze, di cui lo stesso Presidente è in qualche maniera prigioniero.

Poi c’è l’altra anima, quella degli ex-Dc, quella prodiana, ulivista; che condivide con noi una visione più moderna, più colta, più adulta del rapporto società/politica. Purtroppo, mentre l’altra visione- quella della Casa dei Trentini - ha trovato in Dellai il suo leader, l’Ulivo non ce l’ha…"

Ma il Dellai nostro leader ve lo siete costruito voi, quando nel ’98 a lui vi siete genuflessi; e già allora, del suo stile di governo, dei suoi rapporti con i poteri forti, a Trento, si sapeva tutto.

"Io non ero certo fra questi (è vero: anzi Tonini fu attaccato nel suo partito quando osò dire che doveva essere la sinistra, con il suo programma, il motore della coalizione, n.d.r.). In ogni modo a Dellai anche allora non c’erano alternative. Il problema è come gli si sta vicino. Perché se è vero che Dellai è una fortuna, perché evita che anche in Trentino ci sia un Formigoni o un Galvan, è pur vero che noi al governo siamo solo dei numeri, portiamo voti in maniera un po’ passiva. Questo è il problema che dobbiamo porci. E quello che io temo è la fuga nel radicalismo: per cui si è intransigenti, ma sono solo parole, come propone Costruire Comunità (ci ritiriamo nella nostra tenda dove siamo belli e puri) o per altro verso Solidarietà, radicale nei discorsi, subalterna nella pratica".