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QT n. 19, 8 novembre 2003 Servizi

Un trionfo fuori misura. E ora?

Il grande successo della Margherita, come e perchè. E il bivio che si trova ora di fronte Lorenzo Dellai: gestire il potere alla dorotea o cercare di passare alla storia? Qui sia la sinistra che la destra potrebbero giocare un ruolo. Invece...

Erano previsti, più o meno, i risultati elettorali: i vari sondaggi non hanno sbagliato di molto. Eppure, quando alla Tv e nella sala stampa della Provincia sono iniziati ad affluire i dati, cominciando a dare corpo alle reali dimensioni della vittoria del centro-sinistra, o meglio, della Margherita, ci si è resi conto della significatività dell’accaduto.

Anzitutto un risultato importante e non scontato: il nuovo sistema elettorale ha funzionato bene. Ha dato al Trentino, per la prima volta dopo oltre dieci anni, un governo vero, pienamente legittimato, stabile, non soggetto a bizze o ricatti della partitocrazia. Ed ha tagliato le avventure politiche velleitarie: dei candidati a presidente, oltre ai leader dei due poli, è risultato eletto il solo Agostino Catalano, di Rifondazione; e dei partitini inventati su due piedi, si sono salvati solo i Leali dell’assessore Marco Benedetti. Una prima semplificazione della politica, rimasta un desiderio in sede di presentazione delle liste, l’hanno fatta gli elettori e i meccanismi di attribuzione dei seggi.

L'Ulivo festeggia la vittoria: da sinistra il sen. Mauro Betta, il neo consigliere Giorgio Lunelli, l'on. Giovanni Kessler.

Il secondo dato, la schiacciante vittoria del centro-sinistra, era atteso. Eppure su di esso vale la pena riflettere; perché non era segnato dal destino. Nelle politiche del 2001 la vittoria dell’Ulivo fu risicata; nelle precedenti provinciali del ’98 il centro-sinistra, pur vincitore, la maggioranza non l’aveva conquistata nelle urne, ma al successivo mercato delle poltrone. Cosa è scattato nel 2003, a trasformare delle vittorie stentate in un successo travolgente?

Analizzeremo poi i risultati delle varie formazioni. Qui bastino due considerazioni generali. La prima riguarda il centro-destra. Due anni di governo Berlusconi sono bastati a far evaporare le illusioni su una nuova destra moderna: la tendenza è ormai nazionale, come rivelato dalle precedenti consultazioni; ed è stata amplificata dalla dabbenaggine dei ministri visitors. E questo si è sovrapposto a cinque anni di opposizione locale tanto sbracata nelle forme quanto inconsistente nei contenuti.

Il centro-sinistra, con avversari del genere, si è trovato il compito semplificato; e inoltre Dellai ci ha messo del suo. Non tanto come attività di governo, che in realtà non ha concluso molto, su alcune questioni si è platealmente diviso, e su altre ancora ha perso popolarità (vedi inceneritore o usi civici).

Però il presidente, vero genio della partitocrazia, ha saputo aggregare: spostandosi verso il centro (incamerando autonomisti e democristiani vari) senza perdere più di tanto a sinistra. Ed ha sollecitato prima e capitalizzato poi la connotazione territoriale del voto.

Tutto questo ha un sapore antico: di vecchia (cara?) Dc. Ma ne parliamo più estesamente guardando da vicino risultati e prospettive delle singole forze politiche.

Margherita.

Margherita
Prov 200326,99
Pol. 200116,67
Prov. 199822,02

Come si vede dalla tabella (in cui ai voti della Margherita abbiamo sommato quelli della sua costola fassana Ual), il successo è indiscutibile. Frutto della sovrapposizione dell’immagine, tuttora positiva, di Dellai che rappresenta la politica complessiva, con quella dei boss di valle, che rappresentano gli interessi spiccioli, territoriali. La politica alta, o meglio, media, di Dellai, e il fare pragmatico dell’assessore asfaltatore Grisenti. Una riedizione aggiornata della Dc. Un’ottima ricetta per vincere, nel vuoto delle alternative di destra e sinistra. Ma può tradursi in un programma di governo adeguato al 2003? Qui secondo noi sta il punto. Che riguarda anzitutto Lorenzo Dellai.

E qui si vedrà di che pasta è fatto il presidente. Ha di fronte a sé due strade: scegliere di passare alla storia, governando per adeguare il Trentino al nuovo contesto; oppure barcamenarsi, accontentando clientele, ingrassando affaristi, costruendo centri di potere.

La composizione della Giunta sarà il primo test per vedere la strada scelta: sceglierà di affidare alcuni assessorati - come per alcuni giorni si è vociferato - a nomi esterni di grande competenza e prestigio, oppure a prevalere saranno le fedeltà e i piccoli giochi di potere nella coalizione?

A sostenere l’una o l’altra scelta concorreranno, oltre all’uomo Dellai, diversi fattori: i consiglieri della Margherita (dei quali pochi: Gilmozzi di Cavalese, Viganò, la Dalmaso, forse il giovane Lunelli o anche la vecchia volpe Ghirardini, ci sembrano possibili fautori di una politica rivolta al futuro); gli alleati (segnali positivi, anche se timidi, sono arrivati dai Ds); l’opinione pubblica.

Qui sta il punto. "Non ha più alibi, ora deve governare - dicevano tutti in sala stampa il giorno dei risultati, e nei giorni seguenti, nella politica e nella società; a sottolineare che non si tratta di una delega in bianco. Se Dellai pensa di poter gestire il potere ottenuto con le consuete ricette dorotee, sbaglia di grosso.

Patt. Gli Autonomisti, traghettati al centro-sinistra, e con il loro esponente di spicco, Andreotti, a fare il candidato presidente per la destra, hanno ottenuto quasi il 9% e tre consiglieri. E’ vero, rispetto al ’98 hanno perso (anche considerando il partitino dello stesso Andreotti pur schierato sull’altro fronte) ben 17.000 voti, su 46.000 che allora avevano. Un bel salasso. Ma ultrameritato.

Di mezzo infatti c’è stato il vergognoso caso Tretter, la rottura con la Svp, il nuovo segretario Bezzi che nel 2001 si candida con Forza Italia e viene trombato, il partito che alla vigilia delle elezioni torna sotto l’ala di Dellai, Andreotti che passa nel centro-destra.

"Nonostante tutto ciò, abbiamo tenuto il 9%. A dimostrazione che abbiamo un elettorato molto fedele. E cosa sarebbe accaduto se avessimo tenuto un comportamento più lineare?" - mastica amaro un dirigente autonomista.

In effetti ora anche questo 9% è a rischio. Il partito ha subito un tracollo nelle aree urbane, e risulta ormai arroccato nelle valli. Ma lì è insidiosa la concorrenza della Margherita, con i suoi candidati territoriali. E l’esperienza del bipolarismo indica che il partito maggiore (vedi Forza Italia nel centro-destra) si mangia gli altri, a meno che questi non abbiano una forte identità.

E proprio questo è il punto su cui la dirigenza attuale arranca. Fa coincidere l’identità con gli aspetti folkloristici e così perde consensi nelle città; e tradisce lo spirito vero, la difesa della montagna e dell’ambiente, sposando tutti gli affarismi di Dellai-Grisenti, dalla PiRuBi all’Interporto: un partito autonomista, che si vorrebbe legato alle tradizioni e ai centri di valle, e che poi sposa il modello di sviluppo veneto, è in contraddizione con se stesso.

E può facilmente diventare terreno di conquista per i boss della Margherita.

Democratici di Sinistra.

DS
Prov 200313,63
Pol. 200114,62
Prov. 199813,39

I Ds sono leggermente aumentati rispetto al ’98, e per pochi voti non sono passati da 5 a 6 consiglieri. "Tutto bene" - proclama il segretario Mauro Bondi. La realtà è diversa. Questa è una congiuntura favorevole al centro-sinistra, che aumenta dappertutto: solo i Ds trentini restano fermi, vedendo drasticamente ridotto il loro peso nella coalizione. "Riequilibrio con la Margherita" - era lo slogan delle ultime fasi della campagna diessina: in realtà non solo non c’è stato riequilibrio, ma lo squilibrio è molto cresciuto; se prima il rapporto Ds/Margherita era di 5 consiglieri a 8, ora è di 5 a 13. Dellai, se vuole, i Ds può scaricarli.

Il voto diessino si iscrive poi in un tracollo per l’insieme della sinistra, che storicamente in Trentino era sull 25-30%, e che queste elezioni riducono al 20,4%, includendo pure Rifondazione e Su la testa. E ancor più gravi sono i dati se, invece delle percentuali, si considerano i voti: gli elettori di sinistra sono delusi, e sono andati ad ingrossare il partito del non voto (che difatti è aumentato del 5%).

Al di là del segretario e delle dichiarazioni ufficiali, il brusco ridimensionamento è riconosciuto anche a via Suffragio. Ma il dibattito stenta ad avviarsi (clamorosa la consigliera uscente Wanda Chiodi, che di fronte a un critico intervento del segretario della Cgil Dorigatti, ha tirato giù la saracinesca, con un perentorio "Taci, che non sei neanche iscritto").

In effetti il problema sempre centrale e mai affrontato, il rapporto con Dellai e la Margherita, ora è incancrenito. Il pericolo di una sinistra satellite è oggi incombente: "Non so se metto la croce su una quercia o su uno zerbino" - diceva Renato Ballardini qualche settimana fa (vedi Dellai schianta la sinistra).

Tre sono le soluzioni che nella sinistra si propongono alla convivenza con l’alleato diventato padrone. La prima è quella dell’on. Olivieri: "Dellai ha sempre ragione", dalla PiRuBi all’inceneritore, agli impianti di risalita, anzi "dobbiamo fare come la Margherita". Ma è un’opzione bocciata dagli elettori: i sedicenti Riformisti di Olivieri sono stati brutalmente trombati, il primo di loro, l’ex on. Raffaelli è risultato quarto dei non eletti.

La seconda è quella verso la quale è orientata Costruire Comunità: valutare nel merito il lavoro della Giunta, ed eventualmente opporsi. Cosa praticabile dalla formazione di Micheli, che peraltro (grazie al niet di Dellai) non ha rappresentanti in Consiglio; più difficile da parte dei Ds, che di rompere e di perdere seggiole - si è già visto - non vogliono saperne.

La terza è quella proposta da alcuni, tra cui il sen. Giorgio Tonini (e su queste pagine da Michele Guarda). Secondo i quali, la politica dei no, per quanto sacrosanti, non ha senso; la sinistra deve qualificarsi facendo proposte, cercando di indirizzare la politica della giunta, non limitandosi a vagliare i progetti del presidente. Quando la sinistra ha sostenuto proposte, come nel caso (a dire il vero unico) della legge elettorale, le ha poi portate a casa, anche superando l’ostilità di Dellai. Altrimenti vincerà il doroteismo, perché è l’unica proposta politica sul terreno.

Queste sarebbero le scelte per la sinistra. Sarebbero. Perché non sembra che di questo si discuta. In via Suffragio il dibattito è sull’unità della sinistra, classico argomento elusivo: si discute, ci si accapiglia sul mezzo, sul veicolo, senza aver deciso dove andare. Quindi è un florilegio di federazioni, patti, tavoli, partiti unici, aggregazioni... Continuano a parlare di se stessi e fra se stessi, di come rapportarsi tra di loro, non di dove deve andare il Trentino. C’è da meravigliarsi che gli elettori scappino?

Leali e Socialisti. I primi, raggruppamento formatosi attorno all’assessore Marco Benedetti, hanno raggiunto, con il 2,62%, il seggio; i secondi, con meno del 2% no, lasciando a casa l’assessore uscente Leveghi. "Non c’è più un socialista in Consiglio" - è stato il commento sconsolato. "E’ un oltraggio l’utilizzo che viene fatto del nome socialista a fini elettorali - è stata la replica di un socialista storico come Walter Micheli - Non è possibile ridurre l’apporto dei socialisti alla storia dell’Italia o del Trentino all’elezione di Leveghi o Raffaelli". (vedi, a suo tempo, L'1,3% dei socialisti)

Per parte nostra aggiungiamo che il dramma della mancanza "di un socialista" è indicativo della deriva della sinistra, che parla solo di se stessa, ritiene che i cittadini votino non per indirizzare il proprio futuro, ma per dirimere le questioni della nomenklatura. E allora votano per chi almeno parla di strade e contributi.

Verdi e Rifondazione Comunista.

VerdiRif. Com.
Prov 20033,522,84
Pol. 20012,283,91
Prov. 19983,92

Presentatisi assieme nel ’98, un’improbabile "bicicletta" in previsione di uno sbarramento elettorale che poi non ci fu, realizzarono un solo seggio, per la Verde Iva Berasi. Assessore all’ambiente, la Berasi ha svenduto la politica ambientale, massacrata da Dellai, pur di mantenere la seggiola, inimicandosi le maggiori associazioni ambientaliste, da Italia Nostra al Wwf. In prossimità delle elezioni però, i Verdi sono riusciti a sfruttare la dabbenaggine dei Ds, che accettato il niet di Dellai alla presenza di Casanova nella loro lista (diktat non a caso supportato dal verde Marco Boato) si sono trovati senza alcun candidato ambientalista; mentre i Verdi sono riusciti a candidare alcune significative realtà di base e un giovane studioso unanimemente apprezzato come Roberto Bombarda. Così i Verdi, pur rimanendo molto indietro rispetto al trend che in Europa e anche a Bolzano li vede fare significativi balzi in avanti, sono comunque riusciti a mantenere il seggio. Per la Berasi.

Diverso il caso di Rifondazione, che nelle assemblee locali non dà certo il meglio di sé. I consiglieri rifondaroli in genere non sembrano vivere in un Comune o in una Provincia: e nei Consigli, si appassionano su temi come la Pace, i Diritti, la Fame nel Mondo, ma sono assenti su Piani Regolatori, assistenza all’infanzia, ecc. Di qui anche la loro debolezza elettorale. In questa tornata hanno beneficiato dell’esclusione di Costruire Comunità dai Ds: il relativo elettorato si è disperso tra il non voto e varie liste, tra cui una delle maggiori beneficiarie è stata proprio Rifondazione. Ne è risultato eletto il segretario Agostino Catalano, che può avere le capacità per dare alla propria presenza istituzionale l’incisività che i predecessori non hanno avuto.

Forza Italia.

Forza Italia
Prov 200313,42
Pol. 200125,41
Prov. 199811,7

Sono state le elezioni di Mario Malossini, ma la sconfitta del partito (tracollo rispetto alle politiche) e della coalizione. Malossini, che oltre a totalizzare 13.000 preferenze ha anche piazzato due dei suoi immediatamente alle sue spalle, nei giorni successivi si è pure impossessato del partito, benedetto dallo stesso Berlusconi. "Porterò Forza Italia fuori dai salotti" - ha subito dichiarato, in evidente polemica con i predecessori. Polemica sacrosanta: più volte abbiamo notato come l’opposizione del centro-destra ricorresse costantemente a forme estreme come l’ostruzionismo, ma non avesse veri contenuti.

La gestione di Malossini non rischia le sbracature della scorsa legislatura. Ma è frenata dall’ingombrante passato dell’ex-presidente, che egli stesso continua malaccortamente a far ricordare (Forza Italia e un Malossini deludente). E soprattutto rischia di non essere un’alternativa al dellaismo. Infatti Malossini può contare su una vicinanza culturale con Mosconi in Forza Italia, e con Marcello Carli nell’Unione di Centro; ma non certo con gli eletti della Lega o di An. Quindi come leader del centro-destra lo vediamo in difficoltà.

Si sta muovendo infatti su un altro terreno: creare sul territorio una rete paragonabile a quella della Margherita. Ma ciò vuol dire non essere alternativi a Dellai-Grisenti, bensì concorrenti: cosa non semplice da fare dall’opposizione, senza le leve dei contributi.

L’altra strada sarebbe quella di impostare una destra vera, che delinei un’economia basata su mercato, competitività, privatizzazioni, esternalizzazioni. Una destra che si confronti col centro-sinistra su questi problemi, non sulla rincorsa alle lobby assistite. Ma questo rientra nell’orizzonte di Malossini?

Alleanza Nazionale e Lega Nord.

Alleanza Naz.
Prov 20034,07
Pol. 20018,72
Prov. 19986,01
Lega Nord
Prov 20036,12
Pol. 20016,59
Prov. 19988,76

Queste due formazioni, pesantemente penalizzate dal voto (vedi tabelle), stanno attraversando un periodo di fortissimi contrasti interni tutt’ora in divenire.

Ne parleremo più diffusamente nel prossimo numero (Alleanza Nazionale, tra Fini e Malossini e I masochisti).