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Intolleranza

Da Ahmadinejad al Family Day: il ritorno dell'intolleranza della religione.

Il capo del governo iraniano, Ahmadinejad, che ora pare si sia un po’ calmato, è giunto a dire che bisogna cancellare dalla terra Israele. Non tanto e non solo lo Stato, ma lo stesso popolo di Israele: è difficile non cogliere in questo proposito quella carica emotiva propria della intolleranza religiosa.

In Irak sunniti e sciiti si massacrano a vicenda, e sono diventati ormai persino monotoni i notiziari giornalieri che ci comunicano le rispettive stragi di decine di vittime e centinaia di feriti. E, come si sa, sciiti e sunniti sono due sette religiose nelle quali si è spaccata nei secoli la vasta comunità islamica. C’è l’occupazione militare e sullo sfondo il petrolio, ma la guerra è anche di religione.

In Turchia, prima ad Ankara poi ad Istanbul e a Smirne, milioni di laici fedeli al messaggio di Kemal Atatürk, scendono in piazza contro il tentativo del partito di maggioranza relativa, l’AKP, di restaurare un regime islamico. Anche qui la religione si fa politica,instrumentum regni.

Che succede nel mondo, ci aspetta un ritorno al Medioevo? Ma, si dirà, sono musulmani, è affar loro, è segno della loro arretratezza. Non ne sarei così sicuro.

Limponente concentrazione di popolo in piazza San Giovanni a Roma per celebrare il "Family day" ha tutte le caratteristiche inquietanti di un ritorno anche nell’Italia non islamica di una contesa con protagonista la Chiesa cattolica su temi paludati da presunti valori religiosi. Già il titolo della manifestazione, "Family Day" anzichè "Giorno della famiglia", è rivelatore di una psicologia subalterna. E’ un inglese maccaronico, posto che si tratta di due parole incontestabilmente latine deformate da fronzoli anglofoni per emulare il gergo in uso negli Stati Uniti d’America. Se poi ne osserviamo il contenuto, l’esaltazione di un ideale di famiglia enfatizzato come simbolo di un concentrato di valori intoccabili, ne risulta manifesto il significato politico reazionario. Dio, patria e famiglia, appunto le icone di un passato che non ha più riscontro nella odierna realtà di un mondo secolarizzato, globale e plurale. I problemi veri della famiglia oggi si risolvono affrontando e risolvendo i problemi delle persone che la compongono. La sussistenza economica del nucleo famigliare dipende dal lavoro dei suoi membri. La sua unione è assicurata dalla maturità affettiva e culturale dei coniugi. Il suo ruolo di luogo di educazione e formazione dei figli è favorito anch’esso dalla idoneità dei genitori a svolgerlo in coordinata armonia con le altre agenzie formative, quali la scuola e i mezzi di comunicazione di massa. In queste premesse è di tutta evidenza la perfetta compatibilità con la famiglia tradizionale di cellule sociali ordinate secondo schemi diversi, quali appunto le cosiddette unioni di fatto. Esse sono una realtà e come tale vanno affrontate con atteggiamento accorto ma disponibile.

Ed invece il "Family day" ha voluto essere ed è stato una prova carica di un pesante significato di intolleranza. Intolleranza che appunto è tipica delle guerre di religione. Nel caso nostro, per fortuna, una guerra solo politica, ma con gli stessi toni di esasperazione e fanatismo propri appunto delle contese religiose.

La Chiesa ha certamente il diritto di proclamare i suoi principi etici. Ciò che non può fare è pretendere che lo Stato con sue leggi li renda vincolanti anche per i non credenti. Il "Family day" e le crociate che il clero sta compiendo in questi tempi hanno questo inaccettabile vizio

Non a caso ha trovato il sostegno della destra. Ognuno ha gli alleati che si merita. Divorziati, conviventi, fascisti, leghisti e Berlusconi, che è giunto a sentenziare che i cattolici non possono stare a sinistra.

Credevo fosse una barzelletta, ma invece è proprio vero che si crede il vicario di Dio!