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L’imbroglio del rendering

Un altro episodio di falsificazione progettuale accettata dal comune di Trento: il "muro di Ravina", frutto di un rendering fasullo.

Sull’ormai mitico muro della Cavit a Ravina, il mostro di 22 metri e mezzo (cui saranno da aggiungerne altri due e mezzo per il tetto) sorto a ridosso dell’abitato è già stato scritto molto. Sulla dabbenaggine della Commissione urbanistica del Comune, che ha concesso a cuor leggero una deroga mostruosa, sulla (sacrosanta) rivolta degli abitanti, sulle scuse del sindaco Pacher, sul parziale dietrofont della Cavit (ridurrà le altezze di sei metri).

Si è anche discusso del rendering, allegato al progetto, l’immagine virtuale che doveva dare un’idea chiara, anche ai profani, dell’impatto della costruzione. Ed è saltato fuori come il rendering fosse addomesticato, riducendo le altezze in gioco. Ma questo fatto è stato visto quasi come un elemento folkloristico, una curiosità o poco più.

E’ invece secondo noi un elemento gravissimo. Che si inserisce all’interno della prassi, di diversi professionisti trentini, di presentare in Comune documentazione fasulla. Prassi redditizia e a tutt’oggi impunita.

"Nei rendering il margine di errore è di alcuni punti percentuali. Nel caso Cavit ho ricostruito nel mio studio il progetto – ci dice l’architetto Sergio Dellanna – e il risultato è clamoroso: il rendering presentato al Comune (dell’arch. Andrea Tomasi ndr) presenta altezze e lunghezze inferiori del 33% a quelle di progetto: cioè 6 metri in meno di altezza e diverse decine in larghezza. Il che poi vuol dire una facciata inferiore del 120% a quella reale: è evidente che l’impatto visivo viene totalmente ridimensionato. Ed è altrettanto evidente che un errore del genere non può non essere premeditato".

Le differenze tra il rendering addomesticato (tratteggiato) dello Studio Tomasi presentato al Comune e quello reale dello Studio Dellanna (linea continua) realizzato sui dati di progetto.

Ma questo, che influenza può aver avuto sull’approvazione del progetto?

"Le autorizzazioni in Commissione urbanistica vengono concesse in base ai numeri, alle dimensioni presentate nel progetto. Lì il rendering non viene considerato. Ma poi, essendo l’autorizzazione concessa in deroga, deve passare in consiglio comunale, e lì, con dei non tecnici messi a valutare l’impatto visivo, un rendering fasullo è un elemento determinante".

Insomma, si ripropone ancora il tema della deontologia dei professionisti trentini?

"Certamente. E di cosa fa l’Ordine".

E di cosa fa il Comune. Così, dopo il caso del progetto in collina presentato ed accettato senza quote (e imbrogliando sulle altezze, vedi Il progetto approvato (e impresentabile) e il progetto apparso dal nulla (e operativo)); dopo quello del mostro al Casteller che calcola volumetrie inglobando nel calcolo delle aree il terreno demaniale di un rio e quello privato di una strada e di un giardino limitrofo (Comune di Trento speculazione, illegalità, menzogne); abbiamo ora anche un rendering fasullo, buono per intortare i consiglieri comunali e costruire muraglioni a ridosso delle case.

Contro questi professionisti, non si può fare niente? E gli Uffici comunali, non si danno una regolata?