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QT n. 2, febbraio 2021 Trentagiorni

Baby gang e commercianti

Una giusta analisi del montante disagio giovanile: l'importanza primaria di cultura e ricreazione

Giorni fa, a Rovereto, una banda di ragazzini, intenta a picchiare dei coetanei e disturbata da una coppia di trentenni che pretendeva di difendere i malcapitati, si è rivolta contro i difensori, prima e anche dopo l’intervento della polizia. Intervento dei sanitari e dieci giorni di prognosi alla coppia; e a seguire, varie nuove segnalazioni di atti di violenza spicciola da parte di gruppi di giovanissimi.

La cosa in sé non è nuova. Il bullismo sembra doversi accompagnare alla crescita fin dai tempi in cui i cuccioli si azzuffavano nelle caverne.

La nostra società, però, sviluppata una certa attenzione verso i fisicamente più deboli, cerca di arginare l’aggressività giovanile: attraverso le regole, l’educazione, un po’ di repressione, lo sfogo fisico nell’attività sportiva. Per questo spiazza il risorgere di episodi di violenza giovanile, soprattutto se, come in questo caso, deborda in aggressione agli adulti, ad indicare il superamento di un limite: non più brusca competizione tra giovani, ma disconoscimento dei vincoli di rispetto sociale.

Nella vicenda roveretana però è sopravvenuto un fatto nuovo, meritevole di attenzione. Tra i commentatori dell’episodio, oltre al poliziotto, il sindaco, i politici, lo psicologo, si sono inseriti anche i commercianti ed esercenti del centro storico roveretano. Che pongono alle autorità, e alla città tutta, la domanda di fondo: “Chiuse le scuole, i centri sportivi, i musei, i cinema, i teatri, quale alternativa è stata pensata per la vita sociale di bambini, ragazzi e di noi tutti, da qui al prossimo anno?

Il problema viene quindi visto da una nuova ottica: non più solo bollori giovanili, non solo devianza. Ma carenze di socialità. Se frana, o comunque si stempera tutto quanto è stato creato, dai circoli ricreativi a quelli sportivi, ai tanti momenti di aggregazione, dalla biblioteca al volontariato, per fare del tempo libero un momento di crescita, non c’è da stupirsi se si perde, se sbanda, la parte di popolazione meno strutturata, che le spalle larghe ancora non le ha, che non riesce a trovare in sé nuovi motivi, nuove modalità per affrontare positivamente la vita. “Andrà tutto bene” dicevamo a marzo, e sul breve periodo abbiamo avuto ragione. Più difficile invece se le privazioni sociali durano per mesi, forse anni.

La lezione positiva però c’è, nella vicenda. Ed è proprio nella reazione dei commercianti. Che va molto oltre le tradizionali geremiadi sui giovani che non sono più quelli di una volta, o sulle contrapposte esercitazioni di buonismo/mammismo. Ma che dimostra consapevolezza del problema. E ricorda a noi tutti quanto profonda, financo decisiva per la tenuta della società, sia l’importanza della cultura e anche della ricreazione. Dovremo tenerlo presente.