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QT n. 19, 11 novembre 2006 Servizi

Comune di Trento e legalità: andiamo male…

Dopo la nostra denuncia sul “marcio in Comune”. A Palazzo Thun si cerca di negare o far finta di niente. Ma non si può...

La nostra denuncia del numero scorso, sul “Marcio al Comune di Trento” non ha avuto grandi echi. I quotidiani, a parte il Corriere del Trentino, hanno sostanzialmente glissato (ne parliamo a pag. 14); né ci sono state prese di posizione da parte di gruppi o consiglieri comunali; e l’amministrazione Pacher, invece di affrontare il problema, si fa napoletana: “Ha da passà ‘a nuttata”. A dire il vero, il paragone con Napoli sembrerebbe purtroppo più ampio: nel senso che questa vicenda ha evidenziato da una parte un preoccupante gap di legalità all’interno del Comune, e dall’altra una tiepidezza nelle reazioni.

Ma come? Abbiamo rivelato, sentenze del Tar alla mano, come si stia distruggendo una parte di città attraverso il sistematico rilascio di concessioni edilizie che ignorano una serie di prescrizioni. E si fa finta di niente? La legalità, a palazzo Thun, è ritenuta un optional? Un fiorellino all’occhiello, che se non c’è, pazienza?

In realtà le cose sono più complesse. Numerosi lettori e semplici cittadini ci hanno comunicato approvazione e solidarietà per l’inchiesta; il giornale è andato esaurito; un importante sponsor si è defilato e un altro nicchia (il che ovviamente spiace, soprattutto per un’azienda arrancante come la nostra, ma succede sempre quando si colpisce nel vivo di certi interessi); e le associazioni ambientaliste stanno affilando le armi, anche sul fronte legale.

Proprio l’aspetto legale indica la gravità di quanto successo. Mettiamo tra parentesi le responsabilità penali (la Procura della Repubblica è stata comunque allertata): già quelle amministrative sono devastanti. Abbiamo chiesto il parere ad uno studio legale.

“Se la Pubblica Amministrazione rileva un vizio di illegittimità nei propri atti - perché lo ha accertato essa stessa oppure, come in questo caso, il Tar - ha il potere/dovere di rilevarlo anche in altri atti, e quindi revocarli. In sostanza, dovrebbe revocare tutte le concessioni edilizie rilasciate con quei vizi, esponendosi peraltro al rischio di risarcimento danni da parte dell’impresa, nel caso in cui i lavori siano già iniziati; e ad altri rischi, sia amministrativi che penali, se invece non revocasse gli atti ormai palesemente viziati”.

Poi ci sono le case, anzi i condomini, già costruiti illegittimamente ma con il timbro del Comune (vedi Napoli, appunto): “Qui sono i vicini che possono chiedere al Comune un risarcimento danni, per la perdita di vivibilità che hanno dovuto soffrire. Sono situazioni da vedere caso per caso”.

Insomma, rilasciare concessioni edilizie che fanno strame delle norme non si può. Almeno, finché esiste il diritto.

A Palazzo Thun dovrebbero cominciare a capirlo.

E infatti, secondo noi, il problema non è tanto giuridico, quanto politico: questa indifferenza verso le norme che l’amministrazione stessa si è data. Il tutto con il risultato di degradare la città. Vediamo quindi cosa ne pensano i politici.

L’assessore all’Urbanistica Alessandro Andreatta lo abbiamo incontrato al congresso della Margherita, intento a leggere la pagina con cui il Corriere ha ripreso il nostro servizio. Dopo i convenevoli di rito (“Paris, lei mi era simpatico, ma questa volta ha scritto delle falsità”. “Assessore, ho una sola cosa da rimproverarmi, non averla sentita: ma è da cinque anni che non si fa trovare, mi sono anche stufato”), entriamo nel merito delle “falsità”. In sostanza, sintetizzando una serie di argomentazioni da azzeccagarbugli, Andreatta sostiene che l’Allegato 5 (la parte di Piano Regolatore che gli Uffici comunali non hanno applicato) contiene solo dei criteri, non delle prescrizioni; quindi non considerarlo era perfettamente legittimo.

L’assessore Alessandro Andreatta.

Gli rispondiamo che queste erano le tesi esposte, in un contorto “latinorum” urbanistico, dall’arch. Codolo (responsabile dell’Ufficio Urbanistica) a difesa del proprio operato, e poi presentate pari pari nella difesa del Comune di fronte al Tar; e da questo cassate con poche, chiarissime parole (che qui, per capirci meglio, riportiamo: “E’ chiaro che le dette particolari prescrizioni tecniche (quello dell’Allegato 5, n.d.r.) non hanno carattere meramente indicativo poiché sono collocate nell’ambito delle Norme di Attuazione del Prg”; e ancora, il Comune, nella sua difesa, “finisce coll’assegnare a detti ultimi dettami (sempre quelli dell’Allegato 5) solo un valore indicativo, e non cogente. Il che stride con la funzione del Prg medesimo”. Una solenne tirata d’orecchi al Comune, che prima elabora il Prg, poi vorrebbe non applicarlo.)

“La sentenza del Tar! – risponde Andreatta – Ma ogni giorno ce ne sono centinaia di sentenze del Tar, e tutte diverse!”.

Dopo questa espressione di profonda sensibilità istituzionale, passiamo al discorso delle altezze, e delle gabole nelle misurazioni accettate dagli Uffici Comunali: “Il disegno che ha riportato QT è un falso”.

Veramente è ripreso pari pari dal Regolamento edilizio.

“Ma quale Regolamento? Quello del ‘98? Quello del 2006? Con quali modifiche? (in realtà è il Regolamento edilizio come riportato nel sito Internet del Comune, noi non abbiamo fatto altro che un copia/incolla dalla pagina web a quella di QT, n.d.r.) E poi, qual è ‘l’andamento naturale del terreno’ da cui partire per misurare l’altezza? Il terreno come era nell’800? nel ‘900? dopo i lavori?”

Anche qui in realtà il Tar liquida con due righe tutti questi arzigogoli. La misura dell’altezza di un edificio, anche se il terreno è in pendenza, non è per niente complicata, e le norme sono chiare. Basta volerle applicare.

Che dire di un assessore che si trincera dietro cortine fumogene, anche quando queste sono state dissolte da una chiarissima sentenza della magistratura?

A nostro avviso la cosa è ancor più grave se teniamo a mente l’oggetto del contendere: la vivibilità della città. Perché, se in determinate circostanze può essere comprensibile, anzi positivo che un amministratore “interpreti” le normative, magari forzandole, per trovare soluzione a situazioni di emergenza (ad esempio, trovare una sistemazione a una famiglia all’addiaccio, oppure, nel fronteggiare una calamità pubblica), assolutamente negativo è invece quando si ricorre a motivazioni strampalate, a distinguo da azzeccagarbugli, per legittimare lo scempio della città. Allora proprio non ci siamo.

Ma il bravo ragazzo, il boy scout Andreatta, assicurano in Comune, è un uomo d’onore.

Andreatta però in Comune è rimasto l’ultimo giapponese a difendere la non applicazione dell’Allegato 5 attraverso la tesi della sua non prescrittività. Anche il presidente della Commissione Urbanistica, avv. Marco Dallafior (Trento Democratica) in un’intervista al Corriere del Trentino ha dichiarato: “Da quando è emersa la presenza di questo allegato, ho sempre invitato a considerarlo precetttivo”.

Bene. Con questo si prende – finalmente! – atto della sentenza del Tar e si dà un taglio netto a tutte le strampalate giustificazioni degli Uffici e dell’assessore.

Solo che sorge un altro problema: “da quando è emersa la presenza di questo allegato...” afferma nell’intervista Dallafior. Ma come? Un allegato, cioè una parte del Prg, come può emergere? Anzi, come può immergersi? Come è possibile che qualcuno seppellisca una parte delle norme? E chi è stato?

“Siccome è un allegato staccato, è stato trascurato – ci risponde Dallafior – Si è ritenuto che fossero dei suggerimenti, mentre invece – concordo con il Tar – sono delle prescrizioni”.

Ma come è possibile una cosa del genere? Anche perchè le prescrizioni dell’Allegato 5 erano state suggerite dalla Commissione Urbanistica Provinciale, che aveva subordinato il proprio via libera al Prg all’inserimento di quelle prescrizioni.

“Non credo proprio che fosse una conditio sine qua non. E quindi non è fuori dal mondo che loro abbiano ritenuto quelle prescrizioni dei semplici criteri indicativi”.

Per “loro” intende gli Uffici Comunali. E hanno il potere di stabilire quali parti del Prg si applicano e quali no?

“Gli Uffici danno delle interpretazioni, che possono essere giuste o sbagliate. E secondo me è un’interpretazione sbagliata. Ma io in tutto questo non trovo lo scandalo che invece trova QT: l’Allegato 5 limita le altezze, non le cubature. Non vedo quindi il dolo, perché quelle cubature consistenti, rispettando l’Allegato 5 e quindi le altezze massime, possono essere conseguite costruendo più basso, ma su tutta l’area”.

Non è così semplice: ci sono distanze dai confini, ecc. E infatti vediamo che in queste “interpretazioni” degli Uffici c’è del metodo: convergono tutte nel permettere la sostituzione di villette con condomini. E per arrivare a questo, accettano anche trucchi ridicoli, come le misurazioni fasulle delle altezze.

“Questa cosa delle altezze fasulle mi sembra grossa. La progettazione dell’edificio di via della Val è dello studio Ferrari, che è noto per la sua serietà”.

E’ la moneta cattiva che scaccia quella buona: fare i birichini sulla misura delle altezze era lo standard. Gli studi tecnici dovevano adeguarsi, se no non ricevono l’incarico. E’ un metodo appunto.

“Metodo? Lo dice lei che è un’abitudine generalizzata”.

E’ stata riscontrata in due casi su due che sono arrivati al Tar. Vogliamo vedere che se vengono verificate altre costruzioni la cosa salta fuori ancora? Le ha viste le foto che abbiamo pubblicato sui mostri che si sono costruiti in collina in aree soggette all’Allegato 5?

“Insisto: il Prg consente quelle cubature”.

Ma le norme sul paesaggio non consentono quelle altezze. E anche sulle cubature: il Prg le condiziona al fatto che il carico antropico non congestioni l’area.

“Questo punto riguarda la viabilità, che deve poter sopportare i nuovi abitanti. E a questo il Tar nella sua sentenza ha attribuito somma importanza: è la prima ragione per cui ha detto che non si doveva costruire”.

Appunto, lo ha detto il Tar, non gli Uffici. Come mai questi rilasciano concessioni per fare condomini ai bordi di stradine di tre metri quando il Prg lo vieta?

“Non c’è solo via della Val: guardiamo il caso di via dei Castori.”.

Allora conviene con me: c’è del metodo in queste concessioni garibaldine...

“Evidentemente gli Uffici valutavano la viabilità sufficiente. Magari sbagliando, ma è una loro valutazione”.

Non si tratta di valutazioni soggettive. Lo stesso Comune nel 2004 aveva redatto una mappa della viabilità cittadina, evidenziando le zone in cui non era possibile rendere abitabili i sottotetti, in quanto non era sopportabile il maggior carico antropico/automobilistico. Le strade di cui parliamo, a iniziare da via della Val, erano in questa categoria. Come mai gli Uffici rilasciano concessioni per condomini dove non è possibile rilasciarle per i sottotetti? Perché si mettono sotto i piedi anche queste norme? Non è un metodo questo?

“Questo aspetto della viabilità non lo conosco”.

Siamo quindi passati ad intervistare alcuni esponenti del Consiglio Comunale: per la maggioranza Michelangelo Marchesi, capogruppo di Trento Democratica (la formazione del sindaco Pacher), per l’opposizione di sinistra Lucia Coppola, capogruppo di Rifondazione Comunista, e per quella di destra Ettore Zampiccoli, segretario provinciale di Forza Italia.

Michelangelo Marchesi

“Perché l’Allegato 5 sia stato ignorato non lo saprei dire – ci dice Marchesi – Ora si tratta di capire se questa dinamica sia avvenuta per l’input di qualcuno”.

Cosa volete capire?

”L’effettiva incidenza della mancata applicazione di questa norma. Se e quanti volumi sono stati concessi”.

E chi fa questa verifica? Gli Uffici Comunali? L’imputato che redige la perizia in tribunale?

“Rimango convinto che i tecnici Codolo e Penasa siano affidabili. Penso che lo scempio della collina sia dovuto ad altre dinamiche”.

Abbiamo pubblicato una serie di foto impressionanti sugli edifici costruiti in barba all’Allegato 5.

“Non nego. Vogliamo approfondire quanto sia stato il mancato rispetto dell’Allegato 5 a determinare quei risultati, di chi è la responsabilità tecnica e politica”.

Altra perizia affidata a Codolo e Penasa... Questo per le responsabilità passate. Per il presente: adesso che è stato “scoperto” l’Allegato 5, come vi comportate?

“Presenteremo un o.d.g. che confermerà l’Allegato 5; anzi, riporterà ai parametri dell’allegato le previsioni di edificazioni maggiore”.

Si sente parlare di “modifiche” all’Allegato 5. Per neutralizzarlo? Per poter fare i casermoni nella legalità?

“Le edificabilità già concesse verranno ricondotte ai parametri dell’allegato. Per le nuove edificazioni, in collina si dovrà agire anche attraverso una riduzione delle cubature. Invece in pianura ci sarà un ragionamento più articolato: in alcune aree, l’obiettivo può essere densificare l’abitato”.

E il trucco delle misure delle altezze?

“Va risolta con una norma più esplicita”.

La norma è esplicita. E il Tar ha appurato (in 2 verifiche su 2) che viene stravolta. Ma in Comune, ovviamente, sono tutti uomini d’onore...

“Via della Val ha evidenziato un problema. Dovremo fare una riflessione complessiva”.

E sulle concessioni concesse in barba alla viabilità?

“Non c’è dubbio che gran parte della viabilità collinare non corrisponde ai criteri fissati. Cosa finora non emersa nei controlli fatti...”.

Lucia Coppola

Ma chi li fa questi controlli? Non siamo alle solite?

“D’ora in poi sarà la stessa Commissione Urbanistica a vigilare. Non ho difficoltà a dire che Trento paga difetti di pianificazione; e al fatto che il Piano non si traduce in regole minute. Però questa amministrazione ha avviato una nuova stagione: collega l’urbanistica a ragionamenti su socialità e vivibilità”.

Per quello, sui ragionamenti si va fortissimo. Quando poi si arriva al pratico, la musica cambia. E’ stata questa amministrazione ad opporsi al cittadino che chiedeva il rispetto delle regole in via della Val. Ha lavorato contro di lui, che poi ha vinto solo perché ha avuto il coraggio di pagare una cauzione di 300.000 euro. Ma pochi possono farlo.

“E’ vero. Il Comune avrebbe fatto meglio a valutare con più serenità le osservazioni del cittadino. Ma non credo alla volontà di voler favorire qualcuno. Non mi sento di condividere un giudizio negativo, sia sulle responsabilità politiche, sia su quelle tecniche”.

Io giudico la questione grave – ci dice Lucia Coppola di Rifondazione Comunista – Il fatto che si sia accantonato l’Allegato 5 ha portato in collina diverse situazioni di invivibilità. Ed è un metodo: basta vedere che contemporaneamente si insiste a voler mettere un’azienda artigianale in una zona verde pregiatissima, attraverso uno scambio con servizi pubblici che non sta in piedi (è il caso di via dell’Albera, n.d.r.), e poi tutta una serie di sostituzioni di villette con condomini in zone intasate”.

Rimanendo all’occultamento dell’Allegato 5: vi ponete il problema dell’accertamento delle responsabilità?

Ettore Zampiccoli

“Bisognerà approfondire attraverso un’inchiesta interna. Ci riserviamo di vedere quali possono essere gli strumenti più efficaci.”

Passiamo al centro-destra; che non ci sembra molto pronto alla denuncia. Per il semplice fatto che è stato cooptato nel giro delle clientele urbanistiche. Infatti, con una decisione del tutto anomala, la variante che andrà in aula prossimamente è stata concepita per dare soddisfazione a una molteplicità di interessi clientelari, come hanno giustamente denunciato gli organi di stampa (vedi su L’Adige del 2 novembre l’editoriale di Franco Gottardi). A questa tavola si sono seduti in tanti, concedendo una deroga qui e una lì, agli amici e agli amici degli amici, di maggioranza e opposizione. E in quest’ultima, la voglia di opporsi è calata verticalmente.

Parliamo comunque con Zampiccoli di Forza Italia dello scandalo sollevato.

“La denuncia di QT merita attenzione. Chiunque guardi la collina si rende conto della pessima gestione dell’urbanistica, un vero assalto. Sia come Forza Italia, sia come centro-destra, vedremo di mettere in piedi le iniziative opportune per chiarire le responsabilità sia a livello di struttura amministrativa che di indirizzi politici”.

Bene. Vedremo.