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QT n. 7, 6 aprile 2007 Servizi

Scuola: l’odissea dei sissini

Hanno frequentato le SSIS, le scuole che insegnano ai laureati ad insegnare. Ma non potranno insegnare...

Chiara Girardi

Si conclude con un happy end la saga 2006 dei sissini trentini. Beninteso, il lieto fine non è pieno e soprattutto non interessa tutti, ma i giornali locali potranno dedicarsi ad altro, almeno fino all’anno prossimo. Infatti, ad “emergenza rientrata”, il problema permane: molte sono le domande ancora senza risposta.

Ma cosa sono le SSIS, ossia le scuole per l’insegnamento secondario? Esse forniscono l’unica possibilità di accesso all’insegnamento nelle scuole medie e superiori. E nascono da un principio innovativo: la sola laurea non basta più per insegnare, è necessario un ulteriore biennio di specializzazione, incentrato non più sulle nozioni, già apprese nel corso degli studi e quindi considerate dominate, bensì sulla didattica (almeno sulla carta, come poi vedremo). Conoscere una materia non implica infatti il saperla insegnare: di qui la SSIS, una scuola per imparare ad insegnare.

Questo implica un nuovo sistema di reclutamento degli insegnanti. Dopo una fase di transizione. E qui nascono i problemi. Sì, perchè le “graduatorie provinciali per titoli”, attraverso le quali si accede alle supplenze annuali e alle assunzioni in ruolo, in Trentino sono state chiuse nel 2005 e fino al 2009. Il risultato è presto comprensibile: chi in questo arco di tempo si abilita alla SSIS non può ambire a supplenze annuali ed entrate in ruolo. Non basta: i disgraziatissimi abilitati 2007 rischiavano di non essere inclusi neppure nelle graduatorie d’istituto per supplenze temporanee, causa un’anticipata chiusura delle liste, due mesi prima della loro abilitazione. Una sberla in faccia bella e buona, che assimilava gli abilitati, che si erano sorbiti due anni di SSIS, ai neo-laureati.

L'assessore all'istruzione Tiziano Salvaterra.

Le proteste degli interessati non si facevano attendere: dopo un fallito tentativo di incontro con l’assessore all’Istruzione Salvaterra, si rivolgevano ad un avvocato, al sindacato CGIL, agli altri assessori (per aggirare Salvaterra), programmavano una manifestazione di protesta, ottenevano l’appoggio di esponenti di forze politiche variegate (Parolari dei DS, Santini di Forza Italia e Catalano di Rifondazione Comunista). A questi Salvaterra rispondeva sostenendo la necessità di anticipare la formazione delle graduatorie per garantire il regolare avvio dell’anno scolastico con tutti i docenti regolarmente assunti già dal primo settembre. La risposta (il 28 dicembre dello scorso anno) terminava con una conclusione emblematica: “Si fa presente che non è possibile concordare con la struttura competente una chiusura anticipata del piano di studi della SSIS”. Cioè: l’assessorato e la SSIS non comunicano, uno cambia le sue scadenze, l’altra non adegua le proprie, e così si sfornano disoccupati.

Solo in seguito alle proteste, alla fine (il 5 marzo) si arrivava ad una soluzione di compromesso in occasione dell’incontro a Rovereto di Salvaterra con gli specializzandi: da una parte un’anticipazione da parte della SSIS dell’esame abilitante e dall’altra un posticipo dei termini di chiusura delle graduatorie d’istituto. Ecco alcuni commenti dei sis-sini roveretani: “Ci ritenia-mo soddisfatti di aver ottenuto almeno l’ammissione alle graduatorie di istituto, traguardo ottimo per noi; certo avremmo voluto anche le graduatorie permanenti, ma Salvaterra di più non poteva fare e concedere”. “La nostra protesta è stata in parte vittoriosa, una delle nostre richieste è stata accettata ‘all’italiana’, salvando capra e cavoli”. “Visto come si era messa la situazione, per noi è una parziale vittoria. Naturalmente restano aperte diverse questioni”. Dalla “grazia” sono però esclusi coloro che stanno frequentando i corsi abilitanti, che si stanno a loro volta mobilitando...

Ma perché questa decisione (del Consiglio Provinciale su proposta di Salvaterra) di chiudere le graduatorie per quattro anni (invece di due, come nel resto d’Italia)? Un tempo evidentemente lungo, che lascia nel limbo i sissini in procinto di conseguire l’abilitazione. Abbiamo chiesto delucidazioni al responsabile, cioè all’assessore Salvaterra; che ci risponde con gagliarda vis polemica: “Ci sono due diritti da salvaguardare: uno è il diritto del bambino alla continuità didattica, l’altro il diritto al lavoro di un soggetto abilitato. Quale dei due prevale? Lo dica lei. Lei è mamma? Che cosa farebbe? Il problema è esclusivamente questo”. Al mio tentativo di tergiversare, mi incalza: “L’intervista va avanti quando lei mi dà la risposta alla domanda che le ho fatto”. Rispondo che penserei al bambino, allo studente, non perdendo di vista però il suo diritto ad una formazione di qualità, aggiornata didatticamente. “Infatti tutti quelli che sono in graduatoria sono abilitati e hanno fatto corsi di aggiornamento per l’acquisizione dell’abilitazione. Quindi al nostro bambino è garantito di avere dei professionisti. Invece non sono certo professionisti quelli che si stanno abilitando!”.

Insomma, Salvaterra assicura che, grazie ai mutati termini di apertura della graduatorie, è notevolmente migliorata la continuità didattica (“A settembre le scuole aprono con gli insegnanti in cattedra”, cosa che, effettivamente, anni fa sembrava un miraggio); in quanto poi ai giovani abilitati, intanto si possono iscrivere nelle graduatorie d’istituto (ma solo grazie alle loro proteste, diciamo noi) e poi, tra due anni, a quelle provinciali. Qui Salvaterra apre un nuovo fronte: “Se noi aprissimo le graduatorie adesso, in realtà faremmo il danno dei neoabilitati, perché ci sarebbe l’invasione di gente abilitata che viene da fuori e i nostri ragazzi sarebbero in fondo alle graduatorie. Quando io apro, può venire gente da tutta Italia: gente che viene, sta qui un anno, diventa di ruolo e poi se ne va. E’ quello che è accaduto negli ultimi decenni: il mordi e fuggi”. Sembra di essere tornati indietro di trent’anni, quando il Patt tuonava contro i professori terroni e lo stesso presidente della Giunta provinciale Grigolli se ne usciva con una frase infelice che gli sarebbe rimasta appioppata per sempre, sulle “mani infeconde” che rovinavano la nostra gioventù...

No, assolutamente. Non ho niente con gli insegnanti da fuori provincia, anzi, riconosco che il loro apporto è stato decisivo, per elevare l’istruzione nelle nostre valli. Sono invece contrarissmo a quelli che vengono per stare qui il minimo indispensabile, creando disagi e vuoti formativi; per questo blocchiamo la mobilità per quattro anni. Infatti non è possibile iscriversi contemporaneamente nelle graduatorie trentine e in quelle di un’altra provincia”. Non è d’accordo Cinzia Mazzacca della Cgil: “Salvaterra vorrebbe tenere fuori il più possibile i precari extra-provincia, ma finisce con il tener fuori anche quelli del Trentino e i neo-abilitati. La sua filosofia di tenere chiuse le graduatorie per ‘garantire la continuità’ non la capisco proprio: le graduatorie quest’anno sarebbero state riaperte per fare entrare questi precari, che non si sarebbero però ‘mescolati’ con i precari presenti in graduatoria, ma sarebbero venuti comunque dopo.

Proprio lui l’aveva già scritto nella legge: entrano in coda. Mi è quindi sembrata l’affermazione di una persona che non conosce la situazione, su di una cosa che invece dovrebbe conoscere bene perché la legge, presentata dalla Giunta, è sua, l’ha presentata lui”. Il sindacato si dice preoccupato sull’altro versante del problema, “il fatto che gli insegnanti inseriti nelle graduatorie della Provincia di Trento, nel 2009, non si potranno più trasferire altrove” per via di un incrocio di normative che risparmiamo al lettore. E’ lo strumento, voluto da Salvaterra, per impedire il “mordi e fuggi”, gli insegnanti che vengono in Trentino per un anno e poi se ne tornano alle terre natie. “Ma questo non si può fare – sostiene Mazzacca - Non si può limitare il movimento sul territorio nazionale. La Provincia non può andare contro la Costituzione, i precari non li può rinchiudere in Trentino, non siamo uno Stato a parte. E rimanere all’interno di un movimento nazionale è comunque un valore. Abbiamo fatto presente tutto questo, senza ricevere risposta: in Provincia la questione la stanno sottovalutando o forse non ne capiscono la portata e le implicazioni. Ripeto, siamo preoccupati”.

Come si vede, l’happy end della vicenda, è solo provvisorio. E comunque, ci pare di poter concludere che, dietro tutte queste difficoltà di sistemazione dei giovani abilitati, ci sia in realtà un interrogativo di fondo, che traspare, neanche tanto velatamente, dalle stesse parole dell’assessore: il dubbio sul reale potere formativo della SSIS, dubbio che del resto nutrono gli stessi sissini e non solo in Trentino, ma in tutta Italia. Ma su questo torneremo nel prossimo numero.