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Partito territoriale e Dellai ministro?

Partito territoriale, di raccolta, federato...: le boutade, le fesserie, gli spunti interessanti e quelli pericolosi nelle chiacchiere/proposte del Palazzo sul prossimo futuro del partito del Presidente.

D’accordo, forse non bisognerebbe prendere sul serio tutte le boutade che zampillano dal mondo politico. Anche perché uno dei trucchetti mediatici oggi usati dai politici in difficoltà è quello di spostare l’attenzione, uscendo con qualche sparata purchessia, magari grossolana ma innocua, che faccia il rumore bastante per far parlare d’altro.

E forse questo è stato il caso (La fragilità del Presidente) di Lorenzo Dellai che, in difficoltà per il contrasto con il vescovo sui temi ambientali, se ne esce prima con la strampalata ipotesi di un comitato etico nella Margherita, e poi con il progetto di "partito territoriale", su cui tutti si sono tuffati a scrivere e commentare.

Se era un trabocchetto, un mero escamotage per trarsi d’impaccio, ci cadremo anche noi. Perché di quelle – pur balzane – ipotesi ventilate, vale la pena discutere, se non altro per chiarirsi le idee su alcuni punti importanti: rapporto tra politica e territorio, fra Trentino e resto del mondo.

Il progetto dellaiano non è stato presentato in maniera lineare, lo slogan "partito territoriale" è stato riempito di diversi contenuti. Uno fra questi è il modello bolzanino della Svp, ossia del "partito di raccolta", che intende rappresentare innanzitutto un territorio, al di là degli schieramenti politici; appunto come è la Svp, partito né di destra né di sinistra, ma dell’etnia tedesca.

Mauro Bondi, consigliere provinciale Ds.

"A mio avviso questa proposta è nettamente sbagliata: sul piano ideologico e su quello delle convenienze - ci dice Mauro Bondi, consigliere provinciale dei Ds - La Svp è un partito etnico, e nella difesa dei tedeschi in terra italiana trova la sua ragione d’essere. Ma un partito territoriale in Trentino, è un non senso: è l’istituzione, la Provincia che rappresenta tutto il Trentino, i partiti rappresentano visioni delle società, e anche istanze del territorio che sono però differenziate. Ad esempio l’Asar era un movimento territoriale, per l’Autonomia; ma, una volta raggiunto l’obiettivo, l’Asar è sparita.

Poi c’è il discorso della convenienza. Se anche le altre regioni si organizzano per territori, se il contendere non è tra idee diverse, ma fra ambiti territoriali diversi e contrapposti, vincono le ragioni dai territori più grandi. E allora, cosa contiamo noi con 500.000 abitanti?"

Il segretario diessino Remo Andreolli aveva accolto con favore la proposta di Dellai. Gli proponiamo le perplessità su questo partito territoriale.

"Bisogna partire dallo straordinario esito delle primarie, che ha riappacificato la società con la politica, ha espresso una forte volontà di partecipazione, e ha aperto scenari nuovi – ci risponde – Di qui l’ipotesi di riprendere l’idea della lista unitaria, opportunamente declinata a livello locale, con un forte legame con la tradizione autonomista trentina. Però questo non vuol un partito di raccolta, alla Svp, il nostro sarà una componente interna, parte integrante del centro-sinistra."

L'on. Mauro Betta, segretario della Margherita.

Anche il senatore Mauro Betta, segretario della Margherita, mette i puntini sulle i: "La Margherita fin dalla sua nascita ha cercato di essere anche un partito territoriale, nel cercare di rappresentare le aspirazioni profonde della gente del nostro territorio" - e fin qui siamo all’aria fritta. "Per questo abbiamo dato vita, prima ancora che esistesse la Margherita nazionale, ad un partito autonomo; e in seguito, con la Margherita nazionale abbiamo stretto un rapporto federativo. Noi ci presentiamo alle competizioni, anche nazionali, con un simbolo diverso: ricordo la lista Ulivo-Svp alle elezioni del 2001. Però noi non abbiamo mai parlato di un partito di raccolta dei trentini, è nel Dna della Margherita, delle nostre storie anche personali, l’appartenenza al centro-sinistra e ai suoi valori".

Una risposta netta e convincente. Ma a questo punto viene da chiedersi: come mai periodicamente salta fuori questa storia del partito di raccolta? E come mai questa "territorialità", che poi è difficile definire in termini minimamente sensati, viene continuamente gonfiata, fino a diventare la discriminante della politica?

Forse è perché, come suggerisce Bondi "il partito territoriale può essere l’artificio elettorale per attrarre i voti autonomisti".

Oppure, ancora peggio, perché la reale priorità, nella pratica (o nelle sottopratiche) di governo, viene spesso data alle "istanze dei territori", ossia alle richieste clientelari ramificate, che sono per loro natura particolari, non si iscrivono in un disegno politico generale e quindi prescindono da destra e sinistra. Insomma, della serie "O Franza o Spagna, basta che se magna".

In conclusione, quest’enfasi, tutta trentinista, sulla territorialità, a noi, che pur ci chiamiamo Questotrentino, francamente non piace.

C’è poi un altro aspetto su cui vale la pena di fare chiarezza. Ed è un aspetto particolare del dibattito sul "partito federato". Il partito territoriale dovrebbe avere con il partito democratico nazionale, o con l’Ulivo, o come si chiamerà, un rapporto federato, "come lo ha in Germania la CSU bavarese, con la CDU tedesca".

E analogamente al caso tedesco, anche al partito federato trentino dovrebbe essere riservato un posto nel Consiglio dei ministri: ecco quindi pronta la poltrona da ministro per Dellai.

Si tratta di un’emerita baggianata; ne discutiamo solo perché è circolata insistentemente, presa (troppo) sul serio dalla stampa che, forse a corto di spunti, continua a riempire colonne di piombo su Dellai prossimo ministro.

"Il fatto è che le dimensioni contano - risponde Bondi - La Baviera ha più di 11 milioni di abitanti, sugli 87 della Germania. CDU e CSU sono articolazioni dello stesso partito: se Strauss era ministro, non lo era perché a capo di un partito federato, ma perchè rappresentava 11 milioni di persone. E poi ancora: se questo discorso vale per Trento, perché non dovrebbe valere per le altre regioni? Cosa avremmo, un ministro per ogni 500.000 abitanti? Ma per favore!".

A dire il vero, a sostegno della suddetta baggianata, oltre ad un certo provincialissimo Trento-centrismo, si porta la "specificità" del Trentino, dovuta al fatto di avere alcune minoranze etniche: 10.000 ladini, i mocheni, i cimbri.

Diciamolo francamente: basta con queste sciocchezze; ogni regione ha delle minoranze (ladini, sloveni, francesi, occitani, albanesi, greci...), spesso più cospicue delle nostre; i sardi tutti potrebbero considerarsi una minoranza, e via così. Questa pretesa trentinoide di avere particolari privilegi, motivata con autentiche fesserie, è semplicemente autolesionista e acuisce le insofferenze nei confronti dell’Autonomia trentina (vedi La lezione del voto di Lamon). Prego, non facciamoci del male.

Sull’ipotesi di partito federato con annesso seggio da ministro, chiediamo un parere al segretario diesse Andreolli: "Questa non è una nostra proposta" – è la laconica risposta.

"L’esempio CDU-CSU? Mah, per esemplificare, i giornali riportano questi discorsi, ma noi non abbiamo parlato di queste cose – ci dice Betta – Quando sarà approvata, dovremo ragionare sulla nuova legge elettorale e trovare le forme più adeguate per presentarci alle elezioni. In ogni caso il rapporto federativo con il partito nazionale è finalizzato ad avere un’articolazione del programma, e a stringere un sistema di alleanza locali, con il Patt e la Svp".

Con buona pace del Dellai prossimo ministro. E del resto anche Bruno Kessler, sbalzato a Roma, fu solo un semplice peone (e Piccoli e Degasperi giunsero ai massimi vertici non perché espressione del Trentino, ma della nomenklatura nazionale).

D’altronde siamo sicuri che, nonostante tutto questo chiacchiericcio, il presidente Dellai pensi in realtà alle gatte da pelare del suo ruolo attuale. Che peraltro non sono poche.